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FORMARE FORMANDOSI

FORMARE FORMANDOSI…UMANIZZARE UMANIZZANDOSI!

Potrebbe sembrare un gioco di parole, ma invece è l’unica possibilità tutta da inventare per trasformare uno strumento manageriale e condizionante, come la formazione dei lavoratori, in un elemento di crescita, di presa di coscienza, di lavoro di gruppo, di scoperta di se stessi e dei bisogni/desideri di prevenzione e cura in un dinamico confronto fra chi è curato e chi è curante.

Scrive Winnicott, pediatra psicoterapeuta inglese, in un suo scritto del 1970:

“La cura è l’incontro tra la dipendenza e la fiducia. L’incontro fra chi necessita di dipendere e l’altro che offre fiducia, è vivo e disponibile”, per noi operatori sanitari riuscire a contenere professionalmente il male come la paura, il bisogno di cure fisiche come l’ascolto della psiche, trasformando finalmente le asettiche mura ospedaliere in accoglienti rifugi, significa incominciare da noi stessi per poi affrontare con e per gli altri la sofferenza, la morte, la solitudine, le trasformazioni del proprio corpo, i dubbi, gli abbandoni, la follia e la stessa realtà.

Pensate ad un reparto di chirurgia dove alcune operazione diventano invasive, dove quando ci si risveglia si è diversi e chi ci sta intorno, oltre ai drenaggi, deve sapersi occupare delle ferite che non si vedono; pensate ad un reparto pediatrico dove il gioco deve essere uno strumento non dei clown dottori, che vengono ogni tanto, ma di tutti gli operatori nella quotidianità delle cure e dell’interminabile tempo libero; pensate ad un reparto psichiatrico dove la realtà stravolta dei pazienti non ci permette di incanalare le cure dentro precise indicazioni mediche ed, oltre ai farmaci, la nostra empatia diventa uno strumento indispensabile per la convivenza fra quattro mura di tanta confusione e di una così profonda sofferenza.

Pensate alla specificità del vostro reparto o del vostro servizio ed incominciate ad inventarvi gli strumenti che non avete MAI AVUTO ma che, casomai ridendo di voi stessi, avete sognato, desiderato…per risolvere dei momenti così difficili e complicati che neanche le vostre “supercazzole” conoscenze professionali hanno potuto contenere ….non abbiate paura di “sforare” potete spaziare da un biliardino, ad un proiettore per fare il cineforum, a dei fogli e colori per dipingere, alla creta per modellare, ad una sala per sentire e fare musica, ad una ludoteca, ad una biblioteca….sicuramente insieme a queste idee vi verranno richieste razionali e legate alla vostra pratica infermieristica…provate a richiudere gli occhi e lasciatevi tranquillamente andare ad un diverso modo di relazionare con la nostra professione. Non bisogna lasciare le nostre conoscenze e le nostre sicurezze mentre ciformiamo umanizzandoci ed umanizzando, il nostro bagaglio è fondamentale ed è proprio questo che ci permette di diventare esploratori di un buio colorato, fachiri che si pungono con morbidi aculei, è solo uno scoprire il paradosso, le iperbole, il nostro essere ancora disponibili a lasciarci andare ed a giocare.

Di formatori estranei al processo che propongono..non ci facciamo niente; di abili parlatori che ci spiegano le più sottili tecniche infermieristiche espropriandole dell’umana relazione…ne abbiamo piene le tasche, e gli ultimi “prototipi” di infermieri con laurea breve e fonendo al collo, sono la dimostrazione che la complessità del processo di cura non sta in nessun percorso formativo; NOI COME COBAS, FORSE UN PO’ ONNIPOTENTEMENTE, VOGLIAMO CERCARE QUALCOSA DI NUOVO, VOGLIAMO INVENTARCI ALTRI LINGUAGI, VOGLIAMO FARE DELLA FORMAZIONE UN CONCRETO ELEMENTO DI CAMBIAMENTO CHE CHIAMA IN CAUSA NOI IN PRIMA PERSONA PER IMPARARE AD ASCOLTARCI PER ASCOLTARE, A METTERCI IN GIOCO PER GIOCARE.

Laboratori creativi da organizzare insieme a conferenze sui trapianti; corsi di comico terapia da alternare a quelli sulle terapie antiblastiche; tecniche di autobiografia per mettere a confronto il passato, il presente ed il futuro dopo un corso sull’assistenza domiciliare agli anziani…..

VI SEMBRA TROPPO, OPPURE COME PER LA SCIENZA MEDICA QUELLO CHE NON SI RIESCE A RAZIONALIZZARE E AD INCANALARE SUI SACRI TESTI…DIVENTA ASSAI PERICOLOSO E QUINDI DA RIDICOLIZZARE, DA RIFIUTARE, DA MINIMIZZARE!!??

In alcuni reparti psichiatrici..pochini ma ci sono..si è sperimentato questo tipo di formazione e visto che in uno di questi per adolescenti psicotici (Policlinico di Roma) ci sono dei compagni del COBAS che li hanno proposti, gestiti e fatti..vi possiamo raccontare questa esperienza.

Due corsi di comico terapiaper imparare a misurarsi con l’ironia; per scoprire il riso come strumento curativo e l’allegria come elemento di comunicazione anche “quando non c’è mica tanto da ridere”; per essere capaci di aiutare il corpo a lasciarsi andare, anche a morire, con un sorriso, un grugno, una smorfia..non solo di dolore ma di stupore e di curiosità; per non delegare ai professionisti delle risate l’ottimismo in reparto e per giocare divertendoci con i giovani ricoverati.

Una serie di conferenze dibattito e di seminarisulle fasi di crescita dei bambini e degli adolescenti sia nella normalità che nella patologia, sulla vita onirica ed i significato dei sogni, sulla confusione della sessualità adolescenziale, sul gioco, sull’alimentazione ed il significato del cibo, sulle figure genitoriali, sulle patologie psichiatriche, sugli abusi e le violenze, ecc. per permetterci una conoscenza fatta di sapere e di sacri testi.

Un atelier creativo dove si può spaziare dalle parole, alle immagini, ai disegni, alle letture, ai racconti autobiografici per iniziare ad aprirsi all’ascolto di se stessi e diventare così disponibili ad ascoltare gli altri, scoprendosi tutti artisti e pieni di creatività anche se, prima, non si era mai riusciti a tenere in mano una matita e il nostro scetticismo, il nostro sentirsi imbarazzati ed incapaci piano piano si lascia conquistare dalla meraviglia delle nostre capacità dimenticate, ignorate, nascoste.

Due corsi di movimento terapiaper venire a contatto con il nostro corpo scoprirne i limiti, le potenzialità, i confini, per potersi raccontare con i movimenti e capirne i significati, per poter provare piacere a ballare senza musica e ad esprimerci senza parole.

Tutto questo in gruppo: tutti gli operatori sanitari insieme per superare le resistenze ed i preconcetti, per avere una possibilità per stare insieme, per non parlare solo di lavoro, per mettere in comune quello che si vuole raccontare, per scoprirsi diversi dal solito, per sentirsi motivati e solidali, per rendersi conto che non si può individualmente “umanizzare l’ospedale” né sentirsi “il meglio infermiere del circondario” senza fare i conti con il gruppo, senza ri/scoprire un agire collettivo.

Altro che paggelline, altro che meritocrazia intesa come elemento di competizione, altro che figure di coordinamento sempre più distanti dal resto dell’equipé, altro che scimmiottamento del medico...noi abbiamo la grossa responsabilità di far riscoprire nelle cure mediche l’individuo nella sua totalità e solo noi lo viviamo in tutte le sue espressioni 24 ore su 24: da quando prende la terapia, a quando si addormenta, a quando ha paura, a quando deve subire un intervento, a quando spera, a quando deve accettare la sua dipendenza, a quando lo dobbiamo medicare, a quando non vuole sapere, a quando si vergogna delle sue diversità…..non possiamo abdicare la sfida che ogni utente ci propone nascondendoci dietro un non ascolto, dietro il non detto, dietro la nostra paura dello stare male, dobbiamo diventare empaticamente e professionalmente più forti e dobbiamo strutturare le nostre capacità di risposta rafforzando il nostro io, conoscendoci di più e capendo l’importanza del confronto/scambio con tutti gli altri che lavorano con noi, nella dignità e complementarità di ogni mansione.

Questo è il progetto che come COBAS SANITA’ vogliamo mettere in comune e discutere con tutti i lavoratori per imporre agli uffici qualità ed ai progetti formativi una reale umanizzazione dell’assistenza e di tutte le cure sanitarie. Andremo sicuramente contro corrente, contro la privatizzazione della salute, contro tutti i loro progetti di aziendalizzazione, ma siamo convinti che non abbiamo futuro né come lavoratori né come utenti se non siamo capaci di articolare le nostre proposte umanamente in positivo partendo principalmente dalla formazione di tutti gli operatori sanitari.

Aprile 2002

Info su: www.azimut-onlus.org

 

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