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PROGETTO LUNA

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La capacità di inserire altri ragazzi/e in questo progetto ci da la giusta dimensione del suo significato, ci permette di relazionarci come "principio di realtà" sui loro bisogni di onnipotenza e di rapporti assolutistici, e permette a noi operatori di salvaguardarci da una richiesta superiore alle nostre possibilità rischiando altrimenti di vanificarne la concreta efficacia.

Questa ragazza che deve essere inserita, ha bisogni differenti dalla precedente e deve fare i conti con una patologia che, partendo dai suoi tentativi di suicidio, rispecchia un profondo vuoto di figure di riferimento. In questo caso non mancano i valori, gli stimoli intellettivi e le possibilità di utilizzare la mente, ma c’è una profonda disistima ed una paura invasiva del deterioramento mentale. C’è un farsi piccola, un annientarsi, un negare il proprio femminile nel contesto della patologia familiare che gioca su un vissuto perverso e confuso. Nessuno, e tanto meno lei , vuole e può credere nelle sue possibilità e gli atti dimostrativi sono l’unico veicolo di comunicazione di una ricchezza interiore e di molte disinvestite possibilità.

Il nostro scopo deve essere quello di permetterle di esprimersi senza altro tornaconto del piacere di sperimentare; deve aiutarla ad utilizzare la cultura, non come dimostrazione o conflittualità, ma come palestra di curiosità e di sapere; deve farle sperimentare il confronto, non come bisogno di accettazione, ma di scambio ed arricchimento reciproco.

Dobbiamo farla sentire capace di dare per il gusto di ricevere senza ricatti o richieste affettive, eliminando un po’ per volta il falso sé che ha costruito intorno e dentro se stessa, nell’ambito familiare e sociale incapace ed impossibilitato a vederla e ad accettarla, senza riserve, per quello che è.

Il suo tentativo di impaurire, di trasformarsi, di imbruttirsi, di svilirsi, deve essere accolto senza impietosirci e senza proteggerla con ipocrisia e senso di superiorità, come da sempre hanno fatto i suoi oggetti d’amore, giocando, più o meno consapevolmente, sulle sue debolezze e la sua disistima. La nostra linea terapeutica deve aprire lo spazio della creatività e della fantasia ricolorando un vissuto povero e sgualcito, convinti che la verifica delle sue possibilità, dei suoi desideri, delle sue espressioni e voglie sia l’alimento più valido per una ripresa di vita.

Accompagnarla in questa ri/scoperta, senza dover essere noi a trainare, ma impegnandola a conoscersi ed a mostrarsi senza pura di giudizi o di aspettative è l’unica strada che, insieme al lavoro psicoterapeutico già iniziato, può arginare i suoi acting out trasformandoli in una concreta autonomia.

I giorni e le attività che le si offrono sono le stesse di E., con l’unica eccezione dell’ orario posticipato il venerdì, giorno nel quale il gruppo terapeutico viene privilegiato rispetto al corso di computer ed alla partecipazione il martedì al cineforum del reparto con la possibilità di vedere anticipatamente il film prescelto.

E’ stato necessario arrivare a formalizzare con molta accuratezza il progetto stabilendo orari precisi e facendo sottoscrivere al padre ed al medico del reparto, responsabile del suo caso, ogni attività terapeutica e la possibilità di uscire da sola dal reparto finito il diurno.

Questo rigido "contratto" è diventato necessario per non permettere ad uno o all’altro genitore di utilizzare nei loro rapporti perversi noi ed il diurno come ulteriori sconfitte di A., che veniva alternativamente convinta o impedita a mantenere gli impegni presi, chiudendola dentro casa e costringendola a viversi il suo stare male come una "malattia" invalidante.

Ogni settimana ci sarà una verifica del tutto ed un invio ai genitori del progetto e degli orari stabiliti per la frequenza al diurno ed al cocomero come stabilito fra il suo medico, la ragazza e gli operatori.

Il grande cocomero

Info su: www.azimut-onlus.org

 

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