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UN TENTATIVO PER.........

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Per lavorare in un reparto psichiatrico senza essere pervasi unicamente da un burn out insostenibile, si deve essere curiosi e capaci di inventare, non si deve aver paura di giocare e tantomeno di venire a contatto con il proprio immaginario, insomma si devono articolare delle linee guida che partendo dalle necessità del corpo sappiamo rispondere a quelle della mente senza paure ne barriere rispetto a ciò che non si conosce, non si vede, non sempre si riesce a spiegare, dando spazio alle sensazioni ed all'emotività. Si parte da un individuale che spesso invade ed impaurisce il soggetto stesso, per arrivare insieme a condividere uno spazio, un'attività, un percorso, un obiettivo, un'esperienza collettiva o di una parte del gruppo. Si scopre l'empatia, l'ascolto, l'attesa, l'agire, si lavora per scoprire, risvegliare, incuriosire.

Winnicott scrive: "La creatività è l'azione che deriva dall'essere, segno che colui che è, è vivo: l'impulso può essere silente, ma quando possiamo parlare di "fare", allora siamo già in presenza della creatività", ed ancora "E' nel giocare e soltanto mentre gioca che l'individuo, bambino od adulto, è in grado di essere creativo e di fare uso dell'intera personalità, ed è solo nell'essere creativo che l'individuo scopre il sé"; Mustacchi afferma "Non è una modalità imitativa che consente al bambino di acquisire le strutture del reale, ma una spinta creativa che si stacca dal reale e lo trasforma per potervi ritornare. Il bambino "costruisce" il mondo operando e trasformandolo anche e soprattutto in virtù di una capacità rappresentativa e fantastica" ed ancora "L'animazione è l'uso di dispositivi in grado di consentire al "soggetto" di divenire e di conoscersi come tale in un processo che coinvolge tanto l'autore dell'opera d'arte quanto il suo pubblico, tanto il maestro che l'allievo"; Rodari scrive "La creatività non è un'esperienza per pochi privilegiati, ma un modo naturale di operare della natura umana alla portata di tutti"; Beuys afferma "L'arte è la volontà di cambiare lo stato delle cose, un principio montante che si oppone alla staticità del mondo"; e per citare qualche "mostro sacro" legato alla medicina, Mistura scrive "Un medico ed uno psichiatra non possono facilmente identificare la loro attività con il ruolo dello scienziato e del ricercatore obiettivo: di fronte al compito di "creare salute" non possono semplicemente attestarsi sull'esecuzione di metodi consolidati. Nel lavoro a contatto con la sofferenza umana c'è un di più che non si lascia pedissequamente definire dall'insegnamento teorico, ma che semmai è associabile alla sfera dell'arte: la pratica del lavoro dell'uomo con l'uomo oltrepassa la semplice applicazione del sapere decodificato. Certo, questo immette l'operatore della sanità in una zona mal definita di incertezze, ma che propriamente può aprire lo spazio della creatività, per attraversare nuove strade, per formulare nuove ipotesi, evitando la staticità e favorendo il progresso delle conoscenze

Il riportare queste frasi , pensieri e teorie di studiosi mondiali se da una parte ci serve per avvalorare la necessità di scoprire un nuovo modo per lavorare stimolando le nostre curiosità e conoscenze, dall'altra ci porta a sottolineare come nella pratica dei nostri reparti psichiatrici, nei CIM, negli SPDC, ed in qualsiasi altra struttura territoriale l'assistenza offerta sia mille anni luce lontana dal ben che minimo tentativo, della scienza medica e delle direttive aziendali, di applicare anche una sola virgola di tutto quello che a livello teorico si sbandiera.

Noi come operatori di un reparto di degenza per adolescenti con gravi patologia psichiatriche del policlinico di Roma abbiamo dovuto imporre, dopo essercele inventate, le linee guida delle attività extracliniche dando ai laboratori creativi, a quelli di movimento, al cineforum, ecc. un significato terapeutico e non unicamente occupazionale. Non è per sentirci più importanti, figuriamoci quanto non ci piacciano ruoli posticci od imitativi verso una categoria cosi svilita come quella medica, ma è per far capire come lo spazio della mente, in ogni sua espressione dal conscio all'inconscio, debba avere una precisa e chiara configurazione nel processo di cura quando, purtroppo, è troppo tardi per fare prevenzione e per iniziare una battaglia di trasformazione dei modelli assistenza in qualsiasi reparto e struttura sanitaria.

SIAMO TUTTI NOI OPERATORI (guai pensare solo ai medici) che condividiamo 24 ore su 24 la difficile esperienza di cura dopo break down sconvolgenti e dure fratture con la realtà a ricostruire quella cornice che, attraverso l'acquisizione di esperienze di gioco, di creatività e di fantasia, permette un ri/approccio con l'autostima ed il sé che l'individuo ha frantumato.

Le paure, le ansie, l'aggressività, l'odio, gli abbandoni, vengono espressi con i colori, la musica, un passo di danza, un'immagine, una foto.. .condivisi da un gruppo che non si lascia distruggere, ma che è capace di accogliere senza una diretta interpretazione, difficile da accettare in quel momento, un messaggio fatto anche di silenzio e non riconducibile unicamente alle parole ed alla razionalità, strumenti assai più comuni alla nostra cultura e formazione.

Giocare insieme, potersi sporcare, poter inventare, non stancarsi di sognare, sentirsi liberi senza confronti o schemi da seguire; l'operatore è discreto nel suo saper condurre il gruppo, sa indicare senza imporre, non si sente deluso, sa misurarsi con qualsiasi risultato, non fa prevalere le proprie aspettative ma le riconosce per elaborarle, non chiede costanza ma la dà, non pretende continuità ma riesce ad offrirla con professionalità...... deve insomma essersi misurato con il proprio immaginario per condividerlo con chi ha bisogno di essere preso per mano per ri/attraversarlo.

In un prossimo articolo, se l'argomento vi stuzzica, vi racconteremo dettagliatamente i nostri laboratori e vi ricordiamo che nel sito www.cobas.it (alla sezione strutture/sanità/sedi territoriali/Roma)vi è una parte che riguarda le nostre esperienze di lavoro in campo psichiatrico... .ora ci lasciamo con una frase di Silvia, una delle tante bambine di dieci anni che noi adulti troppo spesso non riusciamo ad ascoltare "Per cambiare il mondo ci vuole fantasia... e per battere il male almeno un sogno".

COBAS POLICNICO.ROMA.

Info su: www.azimut-onlus.org

 

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