COMUNICATO STAMPA 12 NOVEMBRE 2007

12 novembre 2007 Comunicato COBAS Sanità Venezia

nuovo ospedale e …business

Il prossimo 10 marzo ’08 sarà operativo il nostro nuovo ospedale da “sogno” di Mestre: un capolavoro dell’architettura !

Vogliamo ricordare che l’ospedale da “sogno” avrà meno posti letto (680) dell’attuale Umberto I, ma maggiori spazi di comfort per gli utenti paganti (in libera professione) e consegnerà a società private il diritto di gestire i servizi, anche quelli sanitari che permettono grandi profitti - servizi “ad alto valore aggiunto” -, a fronte dei quali l’Asl pagherà un canone per 24 anni attraverso rate mensili che verranno prelevate dal fondo che serve per pagare i servizi sanitari (“fondo di competenza”).

Con il sistema di appalti e subappalti le conseguenze saranno quelle di avere costi non controllabili e si andranno sempre più ad accrescere i profitti di privati.

Questo modello di utilizzo dei soldi pubblici non può certo convincerci: vengono scaricati sul privato compiti di tutela della salute, l’utente diviene “cliente” e, come in un centro commerciale, gli vengono offerti servizi ad “elevato comfort”, naturalmente a pagamento.

In questo modo si alimenta semplicemente un meccanismo in cui:

  • il dirigente pubblico non ha rogne di gestione, ma solo soldi non suoi da gestire, favori da elargire, potere da alimentare;
  • il medico ha la possibilità di svolgere la sua libera-professione, in struttura pubblica utilizzando strumenti e attrezzature pubbliche, spillando soldi al paziente/malato di turno, al quale le prestazioni già gli sarebbero dovute con il pagamento delle tasse;
  • la Ditta privata attua la sua politica, che è quella di far soldi, per poi quando l’interesse non c’è più, scaricare tutto al pubblico;
  • il politico di turno ha modo di dar lustro alla sua immagine realizzando strutture più simili ad un centro commerciale, che a un luogo di cura;
  • i dipendenti utilizzati, apparterranno sempre più alle varie aziende interinali.

In questo disegno c’è una logica perversa in cui gli unici a rimetterci sono ancora una volta i soggetti deboli: i malati, i lavoratori, i cittadini normali che non hanno i soldi per pagare il posto letto, la visita, l’esame che serve urgentemente.

Il nuovo ospedale privilegerà le patologie più remunerative e, considerato che con apparecchiature in leasing l’Asl guadagnerà solo se si supera un certo numero di esami, la tendenza sarà quella di attrarre verso l’ospedale anche gli esami che si eseguono nei distretti.

Dopo aver chiuso il Pronto Soccorso del Policlinico San Marco e quello di Villa Salus, creando al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Mestre una situazione di ingestibilità dei bisogni della cittadinanza, l’Asl 12 Veneziana sottoscrive, nello scorso mese di maggio, un accordo con queste stesse strutture private attraverso il quale si garantisce la possibilità di più di mille ricoveri all’anno: 2500 posti letto nei reparti di Medicina, Geriatria e per la Riabilitazione.

Così l’ospedale per l’“eccellenze” è talmente un punto sanitario di grande livello, che abbisogna di due dependances private !

Nel frattempo veniamo a conoscenza che già all’Umberto I “entra” invece la chirurgia estetica…ovviamente a pagamento: è possibile rifarsi il seno, raddrizzarsi il naso, piallarsi le rughe, ridurre glutei e cosce con la liposuzione.

Questa Organizzazione Sindacale è fermamente convinta che per la costruzione del nuovo Ospedale di Mestre, iniziata nel marzo del 2004, si sarebbe potuta evitare l’operazione privatistica del “project financing”, prevedendo un progetto con finanziamenti esclusivamente pubblici, e precisamente utilizzando le risorse della dismissione dei vecchi presidi sanitari, con i proventi della vendita dell’ingente patrimonio immobiliare dell'Asl 12, il contributo statale e regionale e magari rinunciando…a qualche negozio o vetro sfavillante !

In realtà i “project financing” accellerano ogni giorno esternalizzazioni al ribasso di servizi sanitari, ed appalti a pacchetto di interi comparti, come ad esempio le Lungodegenze.

L’intero sistema sanitario continua ad essere sempre più strutturato per indirizzare i cittadini verso la sanità privata, a portare le Asl ad acquistare servizi e personale dai privati, ad aumentare il ruolo dei privati nella gestione dei servizi.

Dopo undici anni di più totale assenza di programmazione, la Regione Veneto ha presentato il Piano Socio Sanitario 2007/’09.

Emerge come:

  • continua prevalere la visione economicista, mirata al contenimento della spesa pubblica: i bisogni di salute debbono quindi adattarsi all’economia, e non viceversa;
  • viene incentivata la sperimentazione di nuovi modelli gestionali nell’ambito del Servizio Sanitario nazionale attraverso la costituzione di società miste, a capitale pubblico e privato;
  • non emerge alcuna analisi e quindi nessuna proposta di intervento per risolvere la piaga delle liste di attesa per esami e visite, ricoveri nelle strutture pubbliche;
  • i criteri riorganizzativi della rete ospedaliera regionale prevedono interventi strutturali (revisione o completa ricostruzione), che puntano su cinque grandi ospedali, ricalcando l’esperienza del nuovo ospedale di Mestre e quindi ricorrendo ai finanziamenti di privati, in cambio della gestione di interi servizi;
  • viene affidato uno sproporzionato ed inadeguato ruolo delle Università, delle facoltà di “Medicina e Chirurgia” di Padova e Verona in particolare, sbilanciato a favore degli interessi corporativi ed impropri di queste apicalità universitarie;
  • viene introdotto il “falso” criterio della libera scelta per i singoli o le famiglie, per l’acquisto di prestazioni o servizi fra le modalità di accesso ai servizi sociali e sanitari, nei confronti di chi eroga i servizi.

In realtà il cittadino non sarà affatto libero di scegliere: sarà invece ricattato dalle lobby degli interessi delle cliniche private e dai medici che dirigeranno, nello stesso tempo, strutture del Servizio Sanitario Nazionale e cliniche private.

Si sta rafforzando purtroppo la concezione che lo stato potrà dare meno di quello che ha dato sin’ora e che bisognerà coprire i bisogni di salute con assicurazioni private o con mutue.

In realtà è esattamente vero il contrario: e cioè che per far funzionare l’integrazione mutualistica o privatistica, la condizione di partenza è proprio la riduzione della copertura della tutela pubblica.

E proprio la crescita di tutele mutualistiche o private non evita il problema dell’antieconomicità, anzi lo aggrava spostandolo a livello di reddito individuale.

Il diritto alla salute - e la sua universalità - si può garantire solo con politiche di sostenibilità e utilità rispetto al livello di benessere da produrre nella popolazione.

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