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Come orientarsi nel nuovo sistema pensionistico

Come orientarsi nel nuovo sistema pensionistico?

Mentre noi cerchiamo di capirci qualcosa, sindacato e governo si sono organizzati per aumentare gli anni lavorativi, diminuire il valore economico delle pensioni, e risparmiare 10 mila miliardi.

A cura del cobas Policlinico Università

METODO CONTRIBUTIVO.

La prima novità del nuovo sistema pensionistico sta nel passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo. Il che vuol dire che non esisteranno più aliquote al 2% o meno ed annualità in base alle quali calcolare il futuro assegno pensionistico, ma solo un capitale rappresentato dai contributi versati dal lavoratore, in base al quale verrà calcolata la pensione. In pratica questa non farà più riferimento allo stipendio, ma, come avviene nelle assicurazioni private, alle somme versate con i contributi.

In termini strettamente monetari, questo sistema comporta che chi più a lungo lavora, più prenderà di pensione. Per fare un piccolo esempio: per raggiungere un livello di pensione pari a quello dell’attuale sistema retributivo occorre lavorare in media almeno sette anni di più (dai 55 anni attuali ai 62 futuri).

Il sistema contributivo entrerà in vigore secondo le seguenti tappe:

* lavoratori con oltre 18 anni di contributi al 31 Dicembre ‘95, rimane sistema retributivo

* lavoratori con contributi fino a 18 anni, metodo pro-rata, cioè gli anni passati con il retributivo ed i futuri con il contributivo. A meno che non scelgano di passare totalmente al contributivo.

* per i nuovi assunti dal 1 Gennaio ‘96 scatta subito il metodo contributivo, che andrà totalmente a regime nel 2013

L’ammontare della pensione verrà calcolato secondo il COEFFICIENTE DI TRASFORMAZIONE e rivalutato secondo il PIL. L’aliquota per il computo della pensione è fissata al 33%.

TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO (LIQUIDAZIONE).

Ci sarà l’omogeneizzazione di trattamento tra dipendenti pubblici e privati a partire dal Gennaio 1996. Il tetto pensionistico di 60 anni per le donne è esteso anche al settore pubblico. Finora l’indennità di buonuscita dei dipendenti pubblici veniva calcolata sull’80% dell’ultimo stipendio annuo percepito, moltiplicato gli anni di servizio. Nel settore privato invece il TFR teneva conto dell’intera retribuzione lorda ed era quindi maggiore del primo. Il problema è che l’accordo demanda alla contrattazione nei vari comparti l’omogeneizzazione dei trattamenti ed in aggiunta, quindi, la ridefinizione della struttura tutta della retribuzione del pubblico impiego. Una legge successiva provvederà ad estendere quanto deciso in sede di contrattazione collettiva anche ai lavoratori già in servizio alla data del 31/12/’95. Ma la vera novità in fatto di liquidazioni è un’altra: una parte dei fondi accantonati per questo istituto potranno essere dirottati dal lavoratore verso la previdenza integrativa ( i cosiddetti fondi pensione ).

PENSIONI INTEGRATIVE .

L’accordo prevede che i nuovi fondi pensioni possano usufruire di un accantonamento pari al 6% della retribuzione, composto di 2 punti di TFR, e 2 punti versati rispettivamente dal lavoratore e dal datore di lavoro. In verità le risorse aggiuntive sarebbero comunque ricavate dalla contrattazione, e quindi rappresenterebbero una alternativa a possibili incrementi salariali. Il modello previdenziale italiano prevederebbe quindi: la pensione obbligatoria pubblica, la liquidazione, ancorché ridotta (accantonamento del 5,41 anziché 7,41%), la pensione integrativa, ed eventualmente la previdenza individuale di tipo assicurativo. Le detrazioni fiscali previste in questo caso non possono superare il 2% della retribuzione o della quota TFR smobilizzata, oppure i 2,5 milioni complessivi, con ovvio vantaggio per i redditi più alti. Altro problema grosso è: Chi gestirà i fondi pensione? Questa è la grossa torta da spartire. L’accordo prevede che siano banche, assicurazioni , finanziarie, cooperative di lavoratori e loro rappresentanze. Si calcola che la previdenza integrativa muoverà nei prossimi 5/6 anni circa 100.000 miliardi. Ma chi garantirà una corretta e trasparente gestione? E siamo sicuri che questi organismi non falliranno con la conseguente perdita dei nostri risparmi, cosa peraltro già successa in altri paesi che adottano questo metodo?

CONTRIBUTI FIGURATIVI.

Per i trattamenti pensionistici determinati esclusivamente secondo il sistema contributivo sono riconosciuti dei periodi di accredito figurativo, cioè utili al riconoscimento del diritto alla pensione. Oltre quelli già esistenti (servizio militare, malattia, gravidanza, donatori di sangue, disoccupazione cassa integrazione e mobilità, ricoveri e cure per TBC, aspettative per cariche pubbliche e sindacali), ne sono stati aggiunti altri:

* assenza dal lavoro per assistenza ed educazione dei figli fino al sesto anno di età in ragione di sei mesi per ogni figlio e fino ad un massimo di 24 mesi.

* assenza dal lavoro per assistenza a figli maggiori di sei anni, al coniuge od a un genitore convivente fino ad un massimo di 18 mesi

Indipendentemente da questo è riconosciuto alla lavoratrice madre un anticipo di età rispetto al requisito della vecchiaia pari a 4 mesi per ogni figlio, fino ad un massimo di 12. In alternativa a questo la lavoratrice può scegliere un trattamento pensionistico maggiorato di 1 anno (per 1/2 figli) o di 2 anni (per 3 o più figli)dal punto di vista economico.

A differenza di quello che appare, non è certo questo un provvedimento a favore delle donne, che verranno "premiate" per svolgere un lavoro di assistenza e cura che sopperisce alle carenze ed ai tagli alle spese sociali (asili e sanità)

LAVORI USURANTI

Per i lavoratori ai quali sia applicato totalmente il metodo contributivo e che svolgano attività usuranti è previsto un coefficiente di trasformazione aumentato di 1 anno per ogni 6 anni di attività usurante. Oppure la riduzione del corrispondente numero di anni rispetto all’anzianità necessaria e fino ad un massimo complessivo di 1 anno (prima erano 5).

Il problema è che l’individuazione delle mansioni maggiormente usuranti viene affidata alla contrattazione collettiva . Ciò significa che maggiore è il peso di una categoria, più vengono tutelati i lavoratori. In conseguenza aumenta il potere di ricatto dei sindacati.

Info su: www.azimut-onlus.org

 

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