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GLI ANNI 70

GLI ANNI ’70……AL POLICLINICO!!

Con immenso piacere mi immergo nel mare dei ricordi…pronta a rivisitare con razionalità ed emozioni la ricchezza ed i limiti delle lotte al Policlinico Umberto I° di Roma, partendo da quei lontani e, spesso, confusi, anni ’70 di cui tutti, ma troppo individualmente, parlano non lasciando alle reali e concrete esperienze uno spazio di memoria per condividere un necessario scambio intergenerazionale che ci fa interpretare il presente e volare insieme verso la trasformazione/invenzione del futuro.

Una sociotemporalità indispensabile per dare una valutazione collettiva del tempo trascorso, per rivisitare la correlazione fra tempo e valori sociali e fra tempi/spazi individuali e sistemi collettivi, per parlare del passato vissuto, vivendo le contraddizioni del presente e proiettandosi verso un futuro da sognare, costruire, progettare.

Secondo me e le mie “deviazioni professionali” (da 30 anni lavoro in un reparto per adolescenti con gravi patologie psichiatriche), la parola, detta o scritta, è “un’organizzazione di suoni nell’asse del tempo”, poiché essa è passato, presente e futuro nel momento in cui viene pensata, detta, condivisa/interpretata, permettendo ad ogni individuo che vuole e sa raccontarsi di essere figlio/a di una storia e padre/madre di un’altra storia. L’attivazione della memoria episodica ci permette di viaggiare nel tempo, di attivare il nostro sé autobiografico, di raccontare per imparare ad ascoltare, di non sentirci depositari di “verità”, perché le nostre esperienze passate diventano scambi e ricchezze se riusciamo a condividere il presente di altri e le loro e nostre vite diventano le trame del mondo in divenire.

Sono così andata a ricercare nei miei archivi ed in quelli del Policlinico…fra foto, volantini, manifesti, articoli di vecchi giornali, alcuni erano un po’ sbiaditi altri, meglio conservati dal tempo, potevano essere stati scritti il giorno prima, attualissimi sia nelle analisi che nelle richieste sul diritto alla salute.

Certo, se dovevo cominciare a ricordare, la premessa poteva lasciarmi perplessa…

dopo 30 anni e più...tutto era rimasto uguale?!?

Nessuna caduta depressiva, nessuna paura di riconoscere in noi una energetica costanza, stavo solo assaporando il lungo lasso di tempo trascorso e tutte le involuzioni del sistema sanitario pubblico così lentamente arrivato ad una enunciazione di diritti (Riforma sanitaria del ’78), per poi, altrettanto lentamente, rincamminarsi in un percorso a ritroso dove la salute diventa merce, gli ospedali supermercati della cura e la sanità pubblica, proiettata su logiche aziendali e deficit di bilanci, viene soffocata da un privato invasivo e totalizzante, protetto e favorito da tutti i governi/partiti/sindacati.

Ma questa è un’altra storia o forse la conclusione di questa perché dimostra la necessità di raccontarsi per fare memoria dell’esperienza e riprendere ad essere protagonisti dei cambiamenti indispensabili e della vita, così da poterla vivere.

Partiamo proprio dai primi anni ’70, dal Collettivo Lavoratori e Studenti del Policlinico che, separatosi dai compagni che lavoravano nell’ambulatorio popolare di San Basilio, inizia con gli studenti di medicina e qualche lavoratore, più compagno che lavoratore, a fare controinformazione sul diritto alla salute fra lo strapotere, la tracotanza e gli intrallazzi dei baroni universitari. Ci si vede tutti i martedì in un’aula della clinica ostetrica, solo più tardi la ormai famosa “auletta dei lavoratori” farà un’entrata trionfale nelle lotte del Policlinico e nel vissuto di tutti i lavoratori!Ancora adesso, quando i più grandi di noi, quelli che ancora non sono potuti andare in pensione, passano davanti all’aula di patologia generale costruita sulla gloriosa auletta..un sussulto emozionale ci attraversa ed i ricordi si moltiplicano nelle menti e nei racconti!

Ma andiamo con ordine…nella primavera del’71 i compagni del collettivo partecipano attivamente alla prima grossa mobilitazione dei lavoratori universitari, organizzata dal sindacato SUNPU (sindacato unitario nazionale dipendenti universitari) che, capeggiato da un soggetto più unico che raro, certo Caldarelli che alla fine della lotta chiederà ai lavoratori di “regalargli” una 500 per il suo impegno, vuole dal rettore aumenti salariali vista la paurosa differenza fra gli stipendi dei lavoratori universitari e quelli dei dipendenti del Pio Istituto, in servizio al Policlinico. Tutti svolgevano identiche mansioni di assistenza, lavorando nelle cliniche universitarie e nei padiglioni ospedalieri.

Questa prima lotta dura tre mesi, si articola attuando l’orario per il quale gli universitari venivano pagati, ovvero come gli impiegati 8-14, e viene con prepotenza interrotta dal sindacato dopo aver ottenuto un “compenso straordinario” e tante promesse. Nell’assemblea al rettorato che ne sancisce la fine i compagni del collettivo votano contro ed iniziano a farsi conoscere dai lavoratori.

Si programmano assemblee nelle varie cliniche, si fanno assemblee con i lavoratori degli appalti, delle fabbriche della Tiburtina e con i lavoratori licenziati di una clinica privata, Villa Domelia.

Durante l’estate del ’72 si costituisce il comitato di lotta dei cambi, lavoratori adibiti, quasi sempre senza nessuna preparazione, all’assistenza ed alle pulizie, che venivano chiamati giornalmente per lavorare dentro i reparti ed i servizi secondo le richieste delle monache “caposale” e secondo (molti erano contadini) le caciotte ed altre offerte terrene che portavano in regalo! Questi lavoratori sono 272 ed insieme ai compagni del collettivo organizzano volantinaggi, mobilitazioni, incontri con la controparte, riuscendo ad articolare anche delle giornate di sciopero. Uno di loro, per attirare l’attenzione della stampa e della TV, dal cornicione di clinica pediatrica minaccerà di buttarsi giù se non verrà assunto..mentre i compagni distribuiscono volantini ed organizzano un’assemblea sotto la clinica con tanto di trombe! Passano i mesi e la mobilitazione di questi lavoratori diminuisce. Mentre aumentano i tentativi sindacali (al SUNPU si è aggiunta la FLO-federazione lavoratori ospedalieri) di smobilitare e svendere le loro richieste; a dicembre ’72 solo 60 “cambi” verranno assunti…ma è proprio questo nucleo di avanguardie che arricchirà il collettivo di nuovi e combattivi lavoratori.

Oltre al “guercio” Daniele ed al “piccoletto” Totò, Francone, Ottavio, Albertino, Assunta, Maria Teresa, Il Biondo, Franca, Rosa, Antonione…diventano i punti di riferimento nelle cliniche..le loro storie di vita si intrecciano con la voglia di diventare protagonisti, per la prima volta, del mondo che gli gira intorno e non li ha mai visti né ascoltati.

Questa nuova componente, con un buon numero di studenti di medicina, ci permette una diffusione del collettivo in quasi tutte le cliniche universitarie: da ostetrica, ad otorino, a pediatria, a neuro, nelle cliniche mediche…solo le chirurgiche resistono perché feudi di intere famiglie (padri, fratelli, figli) di sindacalisti e piccisti legati agli interessi baronali ed ai loro privilegi clientelari. Fra i lavoratori ospedalieri (400 in tutto rispetto ai 1500 universitari) che lavoravano nei padiglioni, nelle accettazioni e nelle cucine, riusciamo a prendere contatto con alcuni che, da compagni interessati e disponibili, durante il corso delle lotte, si trasformeranno in strumenti di provocazione e controllo del PCI. Questo sicuramente lo avremmo potuto capire prima…visto il loro immediato atteggiamento da “maci provoloni” con le compagne studentesse del collettivo ed il loro bisogno di piacere a tutti i costi (petti villosi, sguardi seduttivi, parità fra i sessi completamente rivendicata… mentre le loro mogli venivano lasciate a casa!). I miseri ci provano costantemente, arrivando spesso a partecipare a mobilitazioni e momenti di socialità con la speranza di rimorchiare...inutile dirlo… finiscono sempre e costantemente in bianco, e mentre le compagne iniziano la faticosa strada per smascherare questi opportunisti, i compagni, più lenti e più attaccati a certi ruoli e privilegi, li difendono riconoscendone i limiti ma annoverandoli fra i “compagni che devono essere aiutati a crescere”!?!

A Febbraio ’73 si inizia con gli ambulatori gratuiti…ricordatevi che siamo prima della riforma sanitaria, che esistevano le diverse mutue con diverse offerte sanitarie, che si pagava tutto il resto…le ore di attesa davanti agli ambulatori sono snervanti, gli utenti arrivano dalle 5 di mattina per prendere i numeretti, e subiscono angherie e prese in giro dai baroni super impegnati nelle loro cliniche private che se ne fregano del servizio in ospedale! I compagni del collettivo si “mascherano” da utenti ed iniziano a pretendere i loro diritti..la gente viene subito coinvolta e dopo le visite nessuno paga! Oculistica, ostetrica, otorino..ogni mattina si organizza una nuova sortita…i baroni incominciano ad spazientirsi e si rendono conto che la cosa prende piede, anche senza la presenza dei compagni del collettivo. Intanto si fa controinformazione sulle varie proprietà private dei baroni, su quanto tempo passano dentro le loro cliniche e come siano “fantasmi” al Policlinico; ci si mobilita contro le camere a pagamento..vergognosa istituzione per garantire un’assistenza di serie A per chi ha i soldi e lasciando i poveracci ammucchiati nelle corsie dei padiglioni..con un corteo di lavoratori si riesce a farle chiudere!

Ad Agosto ’73 il SUNPU concorda con il rettore un assegno pensionabile perequativo per gli statali..inutile dirlo che è a tutta convenienza delle qualifiche alte e che i lavoratori prendono poche briciole!

A Settembre’73 c’è il rinnovo del contratto dei lavoratori ospedalieri, ed il collettivo è presente nelle assemblee e propone riduzione di orario ed aumenti salariali adeguati contro l’unico obiettivo sindacale di aumento del compenso per il lavoro straordinario!

Rincominciano anche le assemblee all’università ed il SUNPU propone un assegno speciale, la De Maria applicata anche al personale non medico, come equiparazione economica fra universitari ed ospedalieri, ma i lavoratori rifiutano tale proposta ed iniziano a parlare di REGIONALIZZZIONE ovvero del passaggio ai ruoli regionali di tutti i dipendenti universitari che lavorano nel Policlinico per l’assistenza.

A dicembre ‘73 si riparte con la lotta dei lavoratori universitari, visto che le prese in giro di rettore e sindacato erano state più che verificate dai lavoratori che continuano a percepire salari da fame ( un massimo di 50 mila lire al mese contro le 400 mila degli ospedalieri!?).

Si organizzano assemblee in tutte le cliniche..ed i lavoratori referenti aumentano giorno per giorno. I sindacati si dissociano dalla lotta e la condannano, i lavoratori riprendono a fare il turno 8-14 e stabiliscono in assemblea come garantire i servizi di assistenza necessari per non recare danno ai pazienti ricoverati ed alle strutture di emergenza. In poche settimane i 20 lavoratori che hanno iniziato a mobilitarsi si ritrovano ad essere più di mille! Tutte le mattine si fanno assemblee generali nelle aule del Policlinico nelle quali partecipano molti compagni dei Comitati Autonomi Operai (lavoratori dell’Enel, occupanti delle case ed autoriduttori, avvocati, ecc.), si costituisce l’Assemblea dei lavoratori che è l’unico strumento decisionale per portare avanti la lotta, si iniziano trattative con le varie controparti e cortei per tutta Roma. Le denunce contro i baroni ed i loro abusi diventano le dirette testimonianze delle centinaia di lavoratori che, nelle assemblee quotidiane, prendono il coraggio di scrollarsi di dosso la melma che stava affogando il diritto alla salute e la loro dignità lavorativa!

Dalla sperimentazione dei farmaci, ai malati usati come cavie, ai cadaverini di clinica ostetrica chiusi nei frigoriferi, agli ascensori rotti, ai bagni inutilizzabili, alle condizioni disumane dei reparti, al personale costretto a fare da marinaio sulla barca di un barone, a quello che faceva l’autista alla moglie di un altro..il tutto mentre risultavano presenti in servizio all’ospedale, alla denuncia contro l’assassinio da parte di 2 medici del Pronto Soccorso, Malizia e Buonaccorsi, che con una tracheotomia mal eseguita uccidono una donna di 24 anni…l’ospedale di insegnamento viene messo a nudo e la scienza universitaria finalmente viene presentata per quella che è: un enorme fonte di profitto a tutto danno del diritto alla salute, al dovere di insegnamento, alla necessità di una ricerca finalizzata non al loro profitto ma al bene collettivo!

Le vie di Roma vengono invase da centinaia di lavoratori al grido “L’ospedale è del popolo”, “Ci sfruttano, ci ammazzano, ci buttano nei cessi e questo la chiamano sanità”, “Lavoratori e malati unitinella lotta”, “Ambulatori Gratis”, “Siamo sempre più incazzati contro baroni e sindacati”, “Il padrone ci cura per sfruttarci noi lo distruggeremo per non ammalarci”No all’ospedale di insegnamento”...

i muri del policlinico si riempiono di scritte e di manifesti che raccontano le malefatte dei vari baroni, i loro intrallazzi ed interessi nel privato, i loro abusi sui malati ed i lavoratori.

L’alleanza con i malati è qualcosa di tangibile, prima coinvolgendoli insieme ai loro parenti nelle assemblee di clinica dove si spiega il perché della nostra lotta, poi con la loro numerosa partecipazione alle assemblee generali dove diventano testimoni diretti delle ingiustizie ed angherie baronali ed infine nei momenti di socialità (uno per tutti lo spettacolo di Dario Fò in una stracolma aula Stefanini). Dopo una denuncia fatta in assemblea un malato viene fatto ricoverare in clinica chirurgica invece che subire un trasferimento in una clinica privata ed altri si organizzano nei reparti incominciando a rivendicare i propri diritti: da un vitto più decente, al rifiuto di essere usati come cavie con il ricatto della cura, alla pubblicazione delle liste degli interventi chirurgici, troppo spesso rimandati per pazienti privati dei vari baroni. Si stampano tanti volantini sul diritto alla salute e tutte le denunce fatte vengono pubblicizzate per rendere sempre più ristretto e controllato il potere incondizionato dei baroni e dei loro schiavi.

Questi schiavi sono i crumiri, quelli totalmente asserviti agli interessi baronali per interessi personali (privilegi di mansione, secondo stipendio nelle cliniche private), molti sindacalisti e le monache che, tutte caposale, sono ideali alleate dei baroni contro malati e lavoratori.

Gli attacchi dei sindacati e dei partiti di sinistra, piccì in testa non si fanno attendere ed iniziano le delazioni, le scomuniche, gli inviti a sospendere tutto per non farsi strumentalizzare da pochi violenti ed il SUNPU concorda con il rettore, appena iniziata la lotta, di dare 100.000 di anticipo ai lavoratori universitari…a tutta risposta 1500 lavoratori si cancellano immediatamente dal sindacato!

A Gennaio ’74 il ministro dell’Istruzione Malfatti propone, su suggerimento dei baroni, una leggina di equiparazione economica fra lavoratori universitari e regionali…l’assemblea dei lavoratori la rigetta!

A Febbraio riprende la lotta degli ambulatori gratuiti e gli scontri sono sempre più duri, alcuni baroni per non far le visite gratis chiamano la polizia e si fanno scortare fuori della clinica, altri si chiudono dentro le stanze, altri si rifiutano di visitare perché “si sentono controllati”..ma i lavoratori e gli utenti hanno sempre la meglio e gli ambulatori vengono garantiti gratis a tutti!

Da febbraio iniziano le cariche della polizia contro gli scioperi e la chiusura dei cancelli del Policlinico che si susseguono per la concretizzazione di una legge per regionalizzare tutti i lavoratori universitari.

Iniziano le denunce e gli arresti: Francone si fa un mese di galera, ci sono altri 4 mandati di cattura e 49 indiziati di reato. Arriva il mediatore, prof. Biocca, il “barone rosso” che per la sua storia piccista e la sua “onorabilità”, cerca come portavoce del rettore di trovare una soluzione! Viene allontanato dalle assemblee e “Biocca Boia e buffone” si può leggere su molte mura dell’ospedale mentre lui si affanna con secchio e vernice a ripulirle e, senza più ombra di dubbio, esercita la sua opera di delazione contro i lavoratori in lotta.

Ad Aprile viene proposta la legge (che approvata sarà la legge 200) per il passaggio al Pio Istituto, ente regionale, che però è articolata in due articoli che prevedono sia l’equiparazione economica che il passaggio a domanda. Partiti, sindacati, baroni propongono la fine della lotta, i lavoratori decidono di rimanere in assemblea fino alla sua definitiva approvazione!

Dopo 5 mesi di lotta il 30 Aprile ’74 la legge viene approvata…i lavoratori festeggiano questa loro grande conquista che non è certo una legge di fatto ambigua ed interpretabile, ma la loro capacità di aver lottato autonomamente contro nemici potenti con la forza e la giustezza delle proprie idee e diritti.

1800 lavoratori, ovvero l’80% dei dipendenti universitari, chiede il passaggio nonostante le minacce dei baroni a perdere il posto nelle cliniche e le difficoltà e gli intralci dell’amministrazione sia universitaria che regionale. Ci si rivede in assemblea proprio per affrontare tutte le difficoltà ed i tentativi di divisione fra lavoratori…come gli elefanti che hanno tanta memoria..i lavoratori del policlinico sono molto costanti e tenaci…ben determinati a non svendere le proprie lotte ed obiettivi ed a mantenere il loro rapporto di forza dato dalla partecipazione diretta!

A Settembre ’74, dopo una mobilitazione iniziata a giugno con assemblee fra le lavoratrici universitarie ed ospedaliere, parte una nuova lotta: l’occupazione del salone del comitato direttivo del policlinico per conquistarsi come lavoratrici il diritto ad un nido e scuola materna, come luoghi idonei ed accoglienti dove portare i propri figli mentre si lavora.

Quello attuale ospitava solo 40 bambini dai zero ai tre anni, era stato dichiarato inagibile dal medico provinciale, le sue attrezzature erano inadeguate ed il personale scarso. Più di 30 mamme, durante le ore di servizio, si organizzano in turni per tenere nel salone i bambini di tutti. Il consiglio di ospedale impaurito da questa capacità organizzativa propone alle mamme di starsene a casa con i propri figli percependo lo stipendio, ma le mamme preferiscono essere presenti in ospedale per dare vita alla mobilitazione e confrontarsi con le altre mamme e tutti i lavoratori. Stupendi cortei con piccoli scalmanati al grido “Abbiamo un presidente che non capisce niente”, la direzione sanitaria piena di disegni, palle e biciclette…dopo solo 8 giorni la polizia carica le mamme ed i lavoratori accorsi, ma l’occupazione riprenderà e durerà quasi un anno fino all’ottenimento di locali spaziosi e nuove attrezzature sia per il nido che per la scuola materna fuori dalle cinta dell’ospedale e con un organico adeguato.

Ad Ottobre CGIL-CISL-UIL, poiché continuano a perdere terreno, hanno sempre meno credibilità e non riescono a portare avanti il ruolo di svendita e cogestione, con un volantino infamante contro i compagni del collettivo chiedono chiaramente a polizia e magistratura di intervenire per fermare, con la paura e la galera, il diffondersi di una pratica di auto organizzazione e partecipazione diretta che sta coinvolgendo un numero sempre maggiore di lavoratori.

Daniele viene arrestato per danneggiamento, oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, occupazione di edificio pubblico ed associazione a delinquere e la sua detenzione, che dura più di 8 mesi, sarà particolarmente dura. Ripartono le lotte, si riprende il turno 8-14, scendiamo di nuovo in piazza con cortei e manifestazioni che oltre ai soliti obiettivi, si dirigeranno sotto Regina Coeli e sotto il ministero di Grazia e Giustizia per chiedere la libertà per Daniele e per gli altri compagni in galera. La polizia e le squadre antisciopero del piccì manifestano tutta la loro rabbia e violenza e la magistratura, attraverso la persecuzione del giudice Buogo, fa altri 6 mandati di cattura e 105 avvisi di reato che comprendono anche 20 mamme che hanno partecipato e gestito l’occupazione del salone del comitato direttivo.Quando dopo anni si celebrerà il processo...i lavoratori del policlinico inaugureranno l’aula bunker del foro Italico dove, i numerosi imputati/e arriveranno con figli, biciclette, volantini, pizzette e dolci vari..il tutto a conferma dell’inesistente montatura voluta dai baroni, dai sindacati e dal piccì contro i sacrosanti diritti dei lavoratori e dei malati.

Più di 600 lavoratori si autodenunciano per le imputazioni contestate a Daniele, rivendicandosi le lotte e gli obiettivi per i diritto alla salute; le continue provocazioni e la galera non riescono a ricondurre i lavoratori del policlinico sotto la gestione del sindacato e del piccì, perché la dignità riconquistata e la voglia di decidere e contare come persone in una identità condivisa, superano la pura e l’abitudine alla delega ed alle svendite individuali unico strumento offerto dalla pratica sindacale.

D’ospedale si continua a morire”…e le condizioni assistenziali e quelle dei lavoratori sono sempre disumane: nelle corsie ci sono 45 pazienti stipati ed un solo infermiere, c’è l’obbligo costante degli straordinari, i baroni continuano ad essere padroni dell’ospedale e, anche se con maggior controllo da parte dei lavoratori, usano in modo clientelare i posti letto pubblici!

Da Dicembre ’75 iniziano le assemblee per lottare contro lo straordinario, un aumento di 100 in paga base e per le 36 ore pagate 40! Con il passaggio dei lavoratori universitari (36 ore) alle dipendenze regionali (40 ore) si rivendica il diritto di mantenere i benefici acquisiti e di estenderli a tutti i dipendenti, inoltre si articolano i turni di lavoro (i famosi turnetti) così da eliminare nelle turnazioni ordinare le ore di straordinario, avere più tempo libero e poter lavorare meglio per concretizzare l’umanizzazione dell’assistenza.

A Febbraio ’76 si parte con la lotta, oltre agli ex universitari, vengono coinvolti molti lavoratori ospedalieri, anche quelli delle cucine, le allieve infermiere con le quali si articola una vertenza regionale per il pagamento di un presalario che dal policlinico si allarga a molti ospedali ed i disoccupati che insieme a tutti noi chiedono lavoro ed assunzioni.

Come è storia al Policlinico, gli attacchi del piccì non mancano e dai volantini farneticanti e pieni di falsità passano alle mani…un suo consigliere di circoscrizione, Sartogo, con una provocazione organizzata a tavolino, aggredisce Daniele ed il giorno dopo il sindacato recluta un centinaio di persone che vengono da tutta Roma per fermare “il clima di violenza e provocazione creato dai servi dei baroni e dalla teppaglia fascista del collettivo Policlinico”e c’è un duro scontro davanti ai cancelli. Molti compagni restano feriti, molti lavoratori restano attoniti da tanta violenza, ma ormai il piccì ed il sindacato non hanno più limiti e chiedono al rettore di chiudere l’auletta dei lavoratori e di intensificare la repressione contro chi lotta. Due mandati di cattura…altre due denunce da parte di un medico del piccì offeso per essere stato apostrofato “Stronzo”ed i compagni latitanti per mesi!

Con le parole che si susseguono su un foglio non riesco a far vivere l’intensità di quel periodo, la socialità che gli stessi eventi, così pressanti, imponevano e più che altro i profondi cambiamenti che, individualmente, tutti i protagonisti stavano sperimentando!

Chiudete gli occhi, mettete da parte la razionalità e provate a dare immagini ai miei racconti ……..…

Da una parte c’erano i compagni con le loro scelte complessive di vita, abbuffati di ideali che finalmente potevano confrontare teoria e prassi nella concretizzazione di obiettivi valutati impossibili, che giorno per giorno vedevano e constatavano cambiamenti e se ne sentivano artefici…

Dall’altra c’erano i lavoratori molto più concreti e bisognosi che si avvicinavano ad un modo di essere totalmente diverso da quello nel quale erano stati abituati a vivere, dalla sottomissione dovuta al padrone, alla rivincita/potere sulle donne e sui figli, all’impossibilità di decidere confrontandosi con altri, il loro diventare protagonisti richiedeva un reale e faticoso cambiamento…

Nelle assemblee quotidiane, nei cortei e perfino negli scontri con i nemici di sempre…tutte le componenti di questa lotta si mettono in gioco per incamminarsi insieme verso qualcosa di diverso, che affascina ed impaurisce contemporaneamente, e per sperimentare intensamente una socialità che prima, come adesso, è vitale per vivere!

Alcune lavoratrici si separano dai loro mariti insensibili e contrari al loro crescere; altri mettono in discussione il loro rapporto e cercano di coinvolgere figli e mogli in questo nuovo mondo; altri occupano le case con i compagni dei territori; altri partecipano all’autoriduzione delle bollette; tutti vivono in prima persona le lotte antifasciste, si sentono uniti a tutti gli altri sfruttati, identificano chiaramente i nemici; alcuni rinunciano perché non resistono all’intensità e durezza dell’impegno; altri svendono il lavoro iniziato con se stessi per rialinearsi con una massa incolore…Chiunque ricorda quei tempi, qualsiasi sarà poi il suo percorso, ne parla con passione e le emozioni diverse raccontate sono tutte intense e così vissute da trasformarsi… in immagini condivise per chi li ascolta!

Ancora altri immagini…. proprio questi vissuti collettivi permettono una specifica crescita per le compagne e le donne del policlinico, dall’essere la maggioranza di dipendenti, le più portate alla cura ed alla sottomissione, le più ricattate ed abusate, a quelle più decise e combattive, capaci di prendere decisioni importanti quando i compagni vengono arrestati, di rischiare in prima persona, di essere protagoniste dell’occupazione del nido, di rifiutare compromessi e ricatti, arrivando nel Giugno del ’78 ad organizzare e coordinare l’occupazione del repartino interruzione gravidanza in clinica ostetrica. Tutto il collettivo partecipa, ma le compagne sono il collante fra il bisogno espresso dalle donne nell’aprire un reparto di interruzione di gravidanza per “non abortire più”ed il resto dell’ospedale inteso sia come servizio sanitario pubblico che doveva applicare una legge sia come insieme di resistenze contro l’autodeterminazione della donna, del proprio corpo e delle proprie libertà di scelta.

La 194 diventa legge il 6 giugno ’78 e il 21 giugno si fa l’occupazione di un reparto con tanto di camera operatoria attrezzatissima ma inutilizzato da sempre. Di sera vengono accettate le prime 4 donne che devono abortire, d’accordo con un medico di ostetrica, Enzo Maiorana, e occupa il reparto per imporre l’applicazione della legge. Naturalmente il tutto è stato preparato con riunioni fra il collettivo e le compagne femministe che già si occupavano di aborto ed applicavano il metodo Karman, ovvero quello dell’aspirazione, in contrapposizione al raschiamento, molto più violento e pericoloso per le donne. Subito incominciamo le assemblee in clinica ostetrica, molte lavoratrici di altri reparti, dopo il proprio turno di lavoro, partecipano alle attività del repartino, molte compagne dei quartieri e femministe, impegnate nei consultori autogestiti, fanno volantinaggi e si rendono disponibili per allargare la lotta. Si parla del corpo delle donne, del diritto a scegliere e vivere una gravidanza, si interviene in sala parto dove le donne sono accatastate sulle barelle e nei reparti di clinica ostetrica, rivendicando il diritto ad un reparto per le puerpere, si organizzano riunioni con le donne sugli anticoncezionali per non dover subire pìù il dovere di fare un figlio o la casualità nell’averlo. Alcune donne dopo aver abortito vogliono partecipare all’occupazione ed aiutano compagne e lavoratori nella gestione del reparto che vede, inutile dirlo, l’ostracismo della direzione sanitarie e di tutti i baroni “disturbati” nella loro professione! I parti non sono più pilotati e nessuna donna paga più per avere assistenza, il metodo Karman viene utilizzato per far abortire e le compagne femministe insegnano ai medici come effettuarlo (su 132 medici solo 8 non si dichiarano obiettori ed oggi, pur aumentando il numero di ginecologi, i non obiettori si sono ulteriormente ridotti a 3 !?). La clinica ostetrica è piena di donne, di compagne, di manifesti e striscioni..si respira un’aria bellissima di autogestione sia della struttura sanitaria che del corpo delle donne, tutte coinvolte in prima persona sulla propria salute.

Il 3 luglio arriva la polizia e c’è il primo sgombro con la denuncia per 8 compagne di “abuso di professione”; si rioccupa immediatamente e ci si organizza per rispondere ad una richiesta incessante di donne che dovevano abortire ed erano costrette a rivolgersi ancora a pagamento ed alle mammane perché gli ospedali non attuavano la legge.Il 26 settembre secondo sgombro con 1 arresto, 4 fermi ed una compagna picchiata dalla polizia. Da questa data la polizia presidierà giorno e notte il repartino per più di un anno per paura di una nuova occupazione e la direzione dell’ospedale lo gestirà arrivando a ridurre drasticamente il numero di interventi, mettendoci personale demotivato e stanco e trasferendolo dal reparto occupato ad ambienti dislocati con entrata autonoma, a conferma che l’aborto deve rimanere, nell’immaginario collettivo, una vergogna per chi lo richiede .

Ormai le immagini che il mio racconto ha prodotto nella vostra fantasia si staranno accavallando allegramente, tanti volti, tante voci, tante difficoltà, tanti limiti, tante ricchezze, tanta energia di trasformazione…è questo bagaglio che oggi dobbiamo riattivare per sconfiggere, come ieri, anche se con diversi attacchi e nuovi strumenti, l’annientamento violentemente imposto ai nostri diritti di salute e di vita, riscoprendo la bellezza della socialità, confrontandosi a livello generazionale e rispolverando quella necessaria fascinazione verso il cambiamento che permette ai vecchi di sentirsi giovani ed ai giovani di acquisire esperienza per diventare vecchi!

Graziella…

ora Cobas sanità università e ricerca...

prima Collettivo lavoratori e studenti del Policlinico…

e sempre… una compagna !!

Info su: www.azimut-onlus.org

 

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