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AUTOBIOGRAFIA 2006 ECM

AUTOBIOGRAFIA….PERCHE’?!? Questo è il quarto laboratorio autobiografico che inseriamo nei nostri ECM.

Abbiamo iniziato, quasi per gioco, con una conferenza di Claudio Mustacchi molti anni fa e poi abbiamo deciso di approfondire questo strumento non tanto per sperimentarlo ed attivarlo con i nostri ragazzi/e ricoverati, ma per utilizzarlo nella costruzione del nostro gruppo di lavoro!

Ci siamo rappresentati oltre alle parole ed all’immagine che ognuno aveva dell’altro utilizzando immagini, suoni, odori, emozioni.

Abbiamo provato a raccontare il nostro passato, a condividere il presente, a proiettarci nel futuro mettendo da parte la razionalità e stimolando la fantasia e la creatività.

La narrazione che abbiamo fatto di noi stessi è un qualcosa che abbiamo vissuto in modi differenti durante l’infanzia quando ci raccontavano le favole o ci stimolavano a raccontare fatti quotidiani; quando abbiamo imparato ad ascoltare gli altri; quando essa è diventata un intreccio fatto di nodi e di fili da annodare o sbrogliare; quando abbiamo iniziato ad agire collettivamente, a relazionarci con altri, a ricostruire nel caos il nostro presente ed il futuro da condividere; quando essa ha rappresentato la vita, le trasformazioni avvenute, lo scorrere del tempo, un rifugio, il silenzio, l’insieme dei sogni ancora da realizzare.

Ora in questo laboratorio ci dobbiamo mettere in gioco per rappresentare le nostre aspettative lavorative trovando un canale che metta in luce e trasmetta al gruppo le “RESILIENZE” individuali che in un lavoro a volte devastante, come il nostro, diventano indispensabili da condividere per offrirci, come strumenti terapeutico riabilitativi, ai nostri ragazzi/e.

Nell’ECM 2005 il dottor Monniello ha introdotto il concetto di resilienza come strumento per “rimanere in piedi” riorganizzando la propria vita dopo eventi traumatici e dolorosi, noi oggi dobbiamo, come scrive Edoardo Galeno “ Scoprire, creare, immaginare, e più che mai, tornare a sognare…insieme” per misurarsi con le patologie psichiatriche e la frantumazione del sé dei nostri ragazzi/e scoprendo le loro e le nostre potenzialità.

Loro come strumento per arginare la vulnerabilità, i non detti, le rimozioni, e tutta quella sofferenza distruttiva generata dalle loro patologie, da quelle familiari e sociali.

Noi come ambiente di cura e di riabilitazione, come portatori di speranza, di gioia, di possibilità di cambiamento in un nuova esperienza con adulti empatici ed autorevoli che non abdicano di fronte alla sfida adolescenziale, capaci di ascoltare e di essere cornice nella difficile ricostruzione del sé e nelle diverse fase di crescita.

Ma per raggiungere il nostro obiettivo dobbiamo, come sempre, partire da noi stessi per confrontarci con i vissuti del gruppo, per mettere in comunicazione le nostre ricchezze ed i nostri limiti in un confronto senza paura e senza personalismi, arrivando ad una noietà che ci rappresenti tutti ma che sappia anche essere cagiante, rispondente alla realtà e finalizzata ai progetti terapeutici.

Nel gruppo degli operatori noi dobbiamo trovare ed inventare insieme “il ritmo”e “l’armonia” sintonizzandoci sulle finalità condivise come se, a livello metaforico, pur suonando strumenti differenti, dovessimo realizzare un’unica melodia!

Vi ricordate dei 4 sistemi di memoria che il dottor Ardizzone ci ha spiegato in molti suoi seminari?

Ripercorriamoli insieme:

MEMORIA DI LAVORO: immagazzinamento e mantenimento temporaneo delle rappresentazioni interne che si utilizzano per i successivi comportamenti...come seguire una spiegazione!

MEMORIA PROCEDURALE: modalità apprese ed abitudini acquisite…come l’andare in bicicletta!

MEMORIA SEMANTICA: immagazzinamento ed utilizzo di conoscenze che riguardano parole e concetti…come ricordare i mesi dell’anno!

MEMORIA EPISODICA: acquisizione e recupero di formazioni specifiche ed interessi personali…come il viaggio nel tempo e nel proprio sé autobiografico quando si ricorda il passato, si parla del presente e ci si proietta nel futuro!

In questo laboratorio dobbiamo metterli in gioco tutti, anche se la memoria episodica farà da collante a tutte le nostre capacità e conoscenze, permettendoci di provare un senso di liberazione nell’essere noi stessi e non quello che gli altri immagino, rifiutando ruoli o stereotipi imposti o scelti, mitigando le nostre difese e la paura di non piacere e di non essere accettati, scoprendo che, il mettersi a confronto ed il mediare con gli altri e le loro aspettative, è un arricchimento collettivo ed una maggiore difesa individuale nella continua ricerca della “sana distanza terapeutica" fra noi operatori e la sofferenza/ distruzione delle patologie psichiatriche dei nostri ragazzi/e.

In questo ECM, come già nei precedenti, sono presenti operatori che non lavorano nel nostro servizio per adolescenti; alcuni si occupano di bambini, altri hanno esperienza con gli adulti e non solo con le patologie psichiatriche, ma tutti dobbiamo nel nostro lavoro “saperci raccontare” per venire a contatto con i vissuti dei nostri utenti, con le loro diverse fase evolutive e di crescita, costruendo e sperimentando l’alleanza con i loro genitori e famiglie. Inoltre in ogni servizio è difficile lavorare ed essere gruppo e quasi sempre, questo strumento basilare di lavoro, viene considerato una parola priva di sostanza e svuotata da qualsiasi contenuto.

Vediamo la nostra esperienza: quanti alti e bassi viviamo quotidianamente; quante volte abbiamo dovuto ri-confrontarci con resistenze e rifiuti; quanti personalismi che credevamo di aver superato si sono ripresentati con una violenza spesso inaspettata e distruttiva; quanti momenti individuali hanno creato nel gruppo schieramenti antitetici ad un confronto; quanto i nostri stati emotivi ed il nostro essere al di fuori del reparto ha condizionato le nostre valutazioni ed azioni.

E’ inevitabile che anche i traguardi raggiungi nel lavoro di gruppo vengano messi duramente a prova nelle situazioni difficili, con le patologie più gravi, con le paure rimosse, e anche la pesante sensazione di “dover rincominciare da capo o di non essere capaci” possa alternativamente coinvolgerci.

Importanteè non proiettarci negativamente nei necessari tentativi collettivi per superare le difficoltà, utilizzando la “resilienza” di uno o di un altro, per rimetterci in gioco curando le nostre ferite, lasciando da parte i vissuti individuali in una visione gruppale, confrontandoci con i ruoli definiti e con quelli da reinventare insieme secondo le specificità dei progetti terapeutici e le individualità dei nostri utenti.

Ma, se dopo avrer guardato serenamente dentro di sé, si capisce di non farcela più a condividere le patologie psichiatriche, la richiesta di un periodo di pausa o di un trasferimento, non è un tradimento/disconoscimento del gruppo od una sconfitta individuale, perché il poter confrontare con gli altri la propria scelta è uno dei sani strumenti di conoscenza individuale e di esistenza/riconoscimento del gruppo e di tutto quello che si è fatto per dargli corpo.

Le parole chiavi di questo laboratorio saranno quindi:

GRUPPO

RESILIENZA

MEMORIA

NARRAZIONE

COME SI ARTICOLERA’ QUESTO LABORATORIO:

Tutti insieme ci racconteremo sia con le parole che scrivendolo su un foglio “La storia del nostro nome”. Poche parole per presentarci al gruppo e per iniziare a sperimentare la nostra memoria ed entrare in contatto con le emozioni di un passato spesso rimosso ed addormentato.

Con la stessa modalità, verbale e scritta su un unico foglio, faremo un BRAIN-STORMING sulla parola “NARRAZIONE” (“Cosa vi fa venire in mente..senza troppo pensare”)

Ora “daremo forma” alla narrazione scegliendo un oggetto che la possa rappresentare e raccontandolo al gruppo.

Infine ci divideremo in sottogruppi di 6 persone facendo in modo di inserire gli esterni in ogni gruppo e sforzandoci a confrontarci con chi si “conosce” di meno.

Ogni sottogruppo avrà un grosso foglio e materiale creativo al centro della stanza (colori, giornali, foto, colla, stoffe, ecc) ed avrà come compito quello di rappresentare insieme, dopo essersi raccontati e confrontati, le positività e le ricchezze che ognuno crede di portare nel proprio ambiente lavorativo sia nell’affrontare le difficoltà/patologie degli utenti che le resistenze individuali. Insieme verranno scelte le “ricchezze” più comuni (una per partecipante che lo caratterizza maggiormente) che verranno scritte su cartoncini colorati e messi al centro della stanza in uno speciale contenitore.

Tutti i lavori dei singoli sottogruppi verranno raccontati al gruppo ed individualmente si “pescherà” la ricchezza che ogni partecipante del LABORATORIO ha voluto regalare al gruppo.

Graziella Bastelli Maria Paola Funari Ignazio Ardizzone

LABORATORIO AUTOBIOGRAFICO

ECM MARZO 2006

UOCA N.P.I.

Info su: www.azimut-onlus.org

 

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