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Dalla legge 180

E.C.M. II° DIVISIONE D.S.N.P.R.E.E.

DALLA LEGGE 180 ALLA NUOVA PROPOSTA DI LEGGE BURANI-PROCACCINI SULLA “SALUTE MENTALE”: QUALE DIRITTO DI CURA E PREVENZIONE NEL CAMPO PSICHIATRICO ?

Con l’involuzione del Servizio Sanitario Pubblico che, in nome del profitto e dell’aziendalizzazione sta distruggendo ogni diritto di salute e di cura, anche l’assistenza alle malattie mentali viene ributtata nel calderone per offrirsi come terreno di mercificazione e di avanzamento delle strutture private.

L’applicazione della ormai solamente famosa legge 180 del ’78, più conosciuta come legge Basaglia, è stata da sempre boicottata nella non apertura di servizi territoriali alternativi alle strutture manicomiali che andavano chiudendosi, in quanto strumenti indispensabili per il reinserimento sociale e lavorativo sia di questi soggetti che per concretizzare prevenzione ed accoglienza di ogni disagio specialmente dei giovani adulti. Basti considerare che dall’approvazione della legge sono passati 6 anni per il primo Progetto Obiettivo per la tutela della Salute Mentale nel quale sono state definite a livello nazionale le tipologie e gli standard dei servizi per l’assistenza psichiatrica e ben 11 anni per definire le linee d’intervento dei servizi stessi!?! La sofferenza delle famiglie, il loro isolamento, l’aggravarsi di molte patologie psichiatriche a causa della non vivibilità sociale ed umana, viene così strumentalizzata per arrivare a riproporre non solo dei nuovi manicomi chiamati SRA (strutture residenziali ad assistenza prolungata e continuata) ma per trasformare l’ approccio ideologico alle patologie psichiatriche ed alla salute mentale.

Il malato va di nuovo chiuso ed isolato attraverso una serie di accertamenti e trattamenti obbligatori che prolungano l’attuale TSO (trattamento sanitario obbligatorio)da 4 giorni a due mesi rinnovabile fino a 6, aggiungono il TSOU (trattamento sanitario obbligatorio d’urgenza) fatto da un qualsiasi medico e convalidato da uno psichiatra ospedaliero con l’ausilio delle forze dell’ordine, ed amplificano l’ASO (accertamenti sanitari obbligatori) effettuati a domicilio per un massimo di un mese e con l’ausilio della polizia municipale. Tutti questi trattamenti e tutti i servizi del DSM (dipartimenti di salute mentale) possono essere garantiti da strutture a gestione pubblica (aziende ospedaliere ed università) e privata (strutture ospedaliere od extraospedaliere accreditate, cooperative e fondazioni).

Avendo blindato e militarizzato il malato pericoloso il resto non interessa e sulla prevenzione si dedicano poche righe nelle quali non si individua che la preparazione degli insegnanti e gli screening da fare nelle scuole ad iniziare dalle scuole materne, è un principale ed importante compito da inserire in tutta la formazione degli operatori che si occupano dell’infanzia e dell’adolescenza. L’obiettivo dovrebbe essere quello di arricchire le conoscenze di questi operatori attraverso mirati ed approfonditi strumenti sia teorici che pratici per permettere l’individuazione dei disturbi cognitivi, comportamentali, alimentari e dei disagi sociali, e per ottenere, con la presenza di insegnanti di sostegno, il coinvolgimento di tutta la classe sull’accettazione delle diversità e la possibilità di inserimento, del soggetto portatore di handicap fisico o psichico, nella didattica e nel gruppo senza eccessive o ridotte aspettative.

Inoltre si ignorano strutture territoriali che si dovrebbero occupare dell’avvio al lavoro e di attivare laboratori creativi e di espressione corporea-musicale quali strumenti di aggregazione e di espressione dei giovani, dei loro desideri, delle loro rotture, dei loro rifiuti, delle loro iperbole tipiche dell’adolescenza che possono trasformarsi in disagi se lasciati soli ad affrontare la crescita e la trasformazione puberale ed in patologie se a questo si aggiungono abbandoni, sofferenze, abusi e violenze.

Inoltre l’uso incondizionato delle forze dell’ordine e dei vigili, il prolungamento dei trattamenti, l’alternativa del privato al pubblico, e, aspetto ancora più grave, il non aver neanche menzionato il Trattamento Sanitario Volontario che finalmente viene introdotto con la legge 180 in opposizione alle precedenti leggi manicomiali (1904 e 1968), ci deve far tremare! La 180 puntava sull’aggancio ed i rapporti da costruire con i pazienti psichiatrici da parte di tutte le strutture e servizi territoriali per far essere il paziente cosciente del proprio star male e partecipe al proprio processo curativo in un costante rapporto con il proprio ambiente affettivo, familiare e sociale.

Non più tutta la società chiamata ad interrogarsi sul perché delle patologie psichiatriche ed un sociale rivolto alla salute mentale, ma un ritorno alla ghettizzazione ed alla chiusura di chi da “diverso” mette paura e da fastidio poiché rappresenta uno specchio deformato di quella sofferenza ed isolamento che ognuno di noi prova e rimuove in un equilibrio quotidianamente a rischio di rottura e frantumazione.

Vi riportiamo schematicamente le differenze salienti fra la legge 180 e questa nuova proposta che è ritornata in discussione alla fine di gennaio alla XII Commissione Affari Sociali e che il governo Berlusconi vuole portare alle Camere entro Marzo 2004:

Nella 180 il DSM (dipartimento di salute mentale) deve essere presente in ogni azienda sanitaria, può rivolgersi ad un utenza territoriale per un massimo di 150.000 abitanti e ci deve essere un operatore( psichiatri, psicologi, infermieri, fisioterapisti, logopedisti) ogni 1500 abitanti. Gli SPDC (servizio di diagnosi e cura) presenti nelle strutture ospedaliere possono avere un massimo di 16 posti letto e deve essere garantiti 1 posto letto ogni 10.000 abitanti. Le strutture residenziali previste non possono avere più di 20 letti e deve essere garantito 1 posto letto ogni 10.000 abitanti.

Nella nuova proposta il DSM possono essere sia a gestione pubblica che privata. Gli SPDC diventano Divisione di Psichiatria o Unità Operative Ospedaliere di psichiatria, sono collocati nell’ospedale generale e si occupano della fase acuta, sub acuta e riabilitazione precoce. Tutti i rapporti numerici sono identici ma, guarda caso, si raddoppiano a 2 ogni 10.000 abitanti i posti letto per le SRA(strutture residenziali con assistenza continuata) che come i DSM possono essere sia pubbliche che private e devono utilizzare per il reinserimento sociale le cooperative sociali. In queste strutture possono essere ricoverati anche i pazienti con TSO (trattamento sanitario obbligatorio).

Nella 180 è previsto il TSO (trattamento sanitario obbligatorio) quando il paziente rifiuta quello Volontario e deve essere richiesto da un medico, convalidato da uno medico della struttura pubblica, entro 48 ore il sindaco deve disporre il trattamento nello SPDC ed entro le successive 48 ore deve notificarlo al giudice tutelare che lo convalida o no e lo comunica al sindaco che, se non viene convalidato, dispone la dimissione del paziente. Se il Trattamento dura più di 7 giorni il responsabile del SPDC avvisa il sindaco ed il giudice tutelare comunicandone la data della dimissione. L’interessato e chiunque vi abbia interesse può proporre al tribunale competente ricorso contro il provvedimento convalidato dal giudice tutelare. Sono previsti gli ASO (accertamenti sanitari obbligatori) nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici (art. 32 della Costituzione).

Nella nuova proposta si parte dagli ASO, senza alcun riferimento all’art.32 della Costituzione, che si considerano “strumento capace di perseguire l’obiettivo di entrare in contatto con la persona quando si ha il fondato sospetto della presenza di alterazioni psichiche”. Consistono in accertamenti, visite e trattamenti terapeutici a domicilio con la collaborazione delle forze dell’ordine, viene richiesto da un medico e convalidato da uno specialista del CSM (centro di salute mentale), entro 24 ore è sottoposto alla convalida della Commissione per i diritti della persona affetta da disturbi mentali e può durare 1 mese.

Ci si inventa il TSOU (trattamento sanitario obbligatorio d’urgenza) che può essere richiesto da un medico,deve essere convalidato da uno psichiatra non più di una struttura pubblica, deve essere eseguito dalle forze dell’ordine, dura 72 ore e deve essere effettuato in una divisione di psichiatria in ospedale.

Si continua con il TSO (trattamento sanitario obbligatorio)che deve essere disposto da un medico del DSM con la convalida di un medico specialista in psichiatria, entro 24 ore è sottoposto alla valutazione della Commissione per i diritti della persona affetta da disturbi mentali, è eseguito dalle forze dell’ordine, dura due mesi ed è rinnovabile fino a 6 mesi, oltre a questi il ricorso non si rivolge più alla Commissione ma al Tribunale competente. Il TSO può essere effettuato in strutture residenziali od ospedaliere, quindi anche nelle SRA.

La commissione per i diritti della persona affetta da disturbi mentali è composta da un giudice tutelare, uno psichiatra con almeno 10 anni di attività in strutture pubbliche o private e da un rappresentante di una associazione familiari presenti sul territorio, dura in carica 3 anni, i membri verranno pagati su base oraria comparati ai dirigenti di enti pubblici.

Un’altra novità di questa proposta, non prevista nella legge 180 che non menzionava i minori, è la definizione, e solo quella, delle UONPI (unità operative autonome di neuropsichiatria infantile) che sono coordinate con i DSM ed articolate con servizi territoriali ed ospedalieri anche dotati di posti letto per l’emergenza. Nell’ ignorare i metodi di ricovero, di cura, di reinserimento e di prevenzione ci si preoccupa solo di creare nuove cariche e fonti di profitto.

Noi siamo operatori della salute mentale e lavoriamo tutti all’interno di strutture sanitarie pubbliche che si rivolgono alla cura e prevenzione delle patologie neuro-psichiatriche, la quasi totalità con bambini ed adolescenti, ma alcuni anche con adulti.

Sappiamo per esperienza quante strutture e quanti servizi dovrebbero essere potenziati, quanti aperti e quanti inventati per rispondere alle esigenze dei nostri utenti e delle loro famiglie, ma più che altro abbiamo condiviso con loro il bisogno di rispetto, umanità ed empatia, il rifiuto di essere trattati come oggetti “incapaci” di essere, totalmente deprivati di emozioni e sentimenti, calpestati da leggi e imposizioni non comunicate e non capite, dove loro contano come numeri e come D.R.G. per garantire profitto alle aziende ed ai privati.

Abbiamo “contenuto” il loro star male, il loro essere frantumati, la loro rabbia, i loro vuoti incolmabili ed i loro abbandoni, coniugando la nostra professionalità con le emozioni, tenendoli stretti nelle nostre menti e nei nostri cuori, mentre lavoravamo per offrire psicoterapie, farmaci, attività ludico-creative, concrete esperienze riabilitative e, in alcune pesanti esperienze, fasce per il contenimento. A volte ci siamo chiusi ed impauriti altre volte ci siamo troppo immedesimati, fino a raggiungere la giusta distanza terapeutica che garantisce ai nostri pazienti un ascolto umano e professionale ed a noi una difesa dal burn out e dalla sofferenza delle patologie psichiatriche.

Ci siamo proposti, in un rapporto sempre individualizzato, come “io” ausiliari per riprendere insieme e lentamente, mentre ci tenevano per mano, il contatto con la realtà, ma mai ci siamo potutipermettere, altrimenti avremmo dovuto cambiare reparto per la salvaguardia della nostra salute mentale, di non considerare le loro emozioni, la memoria del loro sé ora spaesato od annientato ed il loro rifiuto/paura di essere.

Ora, se questa nuova leggepassasse, ci trasformerebbero in passivi esecutori di un lavoro di routine, che riduce il “pericolo” (l’aggressività) in una “breve fase acuta” ed offre alle residenze private un prodotto più controllabile, che richiede meno operatori e quindi meno spese. Ma il pericolo più grosso, perché coinvolge la società nella sua complessità, sarebbe l’annietamento di tutti quei tentativi e delle reali e coraggiose esperienze attuative della legge 180 che avevano e stanno coinvolgendo, nel proprio processo di cura, tutti coloro che devono affrontare disagi e patologie mentali.

La logica proposta è: più “matti” tranquilli rinchiusi e meno offerta di servizi territoriali, laboratori, diurni, comunità; più operatori distaccati ed estranei ai processi di prevenzione, cura e riabilitazione e meno richieste al sistema sanitario pubblico; ed alla sua concretizzazione, le diversità e le patologie psichiatriche potranno turbare sempre meno l’ipocrita coscienza di una socialità fatta sempre più di bugie, solitudini e disagi.

COME OPERATORI DELLA SALUTE MENTALE abbiamo un grosso compito:

NON STANCARCI MAI DI RACCONTARE le nostre esperienze e DI VIVERE il nostro lavoro affinché i disagi subiti, in solitudine, dalle famiglie di questi pazienti, non si trasformino in armi letali per i loro figli; affinché nessun azienda o manager possa strumentalizzare chi cura contro i bisogni e desideri di chi deve essere curato; affinché l’umanizzazione dell’assistenza ed il diritto alla prevenzione diventi una concretissima realtà ampliando servizi e finanziamenti nelle strutture pubbliche.

Scrive D.W.Winnicott, pediatra psicoterapeuta inglese: “La cura è l’incontro tra la dipendenza e la fiducia. L’incontro tra qualcuno che necessita di dipendere e l’altro che offre fiducia che è vivo e disponibile, ma più che altro che è capace di rinunciare alla propria onnipotenza, brillantezza e creatività, per lasciare al paziente l’allegria e la sorpresa di incontrare sé stesso, solo in presenza dell’altro”….sta a noi accettare la sfida!

E.C.M. Marzo 2004

Graziella Bastelli

Info su: www.azimut-onlus.org

 

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