Home ›› POLICLINICO ›› NORMALE FOLLIA ›› Giornata sulla creativita

Giornata sulla creativita

LA CREATIVITA’… NEL QUOTIDIANO DI UN REPARTO DI RICOVERO

PER ADOLESCENTI PSICOTICI.

Un contributo da parte delle compagne di “Normale Follia”(tutti i Lunedì dalle 15 alle 16 ai microfoni di Radio Onda Rossa) per farvi capire qualcosa sulla specificità del lavoro in un reparto di Neuro psichiatria Infantile.

Noi adulti raramente riusciamo ad essere creativi perché non sappiamo lasciarci andare ed abbiamo immense resistenze a mettere in un cantuccio la razionalità per paura che i vari aspetti emotivi del nostro essere possano prendere il sopravvento. Questi “umani” limiti diventano un vero ostacolo quando si lavora in un reparto per adolescenti con gravi patologie

psichiatriche rendendo impossibile un rapporto empatico con i nostri ragazzi.

Questo è quello che nel corso degli anni abbiamo sperimentato sulla nostra pelle e che abbiamo cercato di affrontare: all’inizio era una voglia di trasformazione basata sulla nostra“buona volontà”, poi un bisogno di dare significati al nostro agire ed ai desideri dei ragazzi, ed infine una ricerca di finalità terapeutica ed una professionalità diversa dalla nostra formazione medica. Oltre alla nostra curiosità, tantissimi stimoli ci hanno permesso di sperimentare e di inventare insieme ai ragazzi:corsi di formazione più svariati (danza terapia, autodifesa, vari laboratori espressivi e di colore, interpretazione dei disegni, comico terapia, ecc.); seminari e discussioni che si sono misurati e si misurano teoricamente e praticamente con le diverse e gravi patologie che dobbiamo affrontare; esperti che ci hanno aiutato ad organizzare laboratori creativi ed espressivi.

Oggi, con la nostra professionalità ridefinita, vogliamo essere un “colorato” strumento terapeutico, vogliamo capire di più per riuscire a dare, vogliamo sperimentare la nostra fantasia, la nostra capacità di giocare, il nostro essere in quanto creativi.

Non è un’ambizione ma una “concretissima utopia” per dirla alla Marco Radice, uno stimolo continuo, una ricerca che dobbiamo al nostro impegno ed alla verifica che, partendo dai bisogni dei ragazzi, facciamo costantemente per non utilizzare i laboratori creativi come paravento dei nostri limiti, , come scarico delle nostre paure, come sovrapposizione ad un silenzio e ad un immobilismo insostenibile.

Stiamo lavorando principalmente su noi stessi, sul nostro approccio creativo, sulla scoperta di tutta un’aria fantastica incontaminata, sul nostro corpo, le nostre emozioni, i nostri sentimenti, cercando di non aver paura delle nostre paure e di riconoscere i nostri vuoti per avvicinarci alla patologia psichiatrica con quella “distanza equilibrata” che ci permette

di difendere e di difenderci.

Tutti i giorni sperimentiamo la difficoltà dei nostri ragazzi nel misurarsi con i sentimenti, la loro profonda paura delle emozioni, la fuga dal reale che li ha frantumati ed abbiamo sperimentato quanto…. una matita, un foglio, un passo di danza, il mascherarsi, una partita di ping pong , un libro letto insieme, l’inventare una storia, una macchina fotografica, il condividere una musica, un pezzo di creta, un film….possano rassicurarli, darci un canale di comunicazione, permetterci un approccio non invasivo perché non fatto solo di parole e di razionalità.

E’ questa condivisione nel fantastico e nel creativo a diluire ogni diversità, a farli sentire accettati a non imporgli falsi sé; non importa come viene il disegno, quale è la forma della sua statua, quello che ha scritto nella poesia, come è venuta la foto, il sapore del dolce…piano piano ci si può prendere per mano per esprimere e confrontarsi, casomai danzando, con quella rabbia e quell’aggressività fino ad ora negate. Non si è mai soli, non c’è chi giudica e chi è giudicato, si può ritornare bambini, si può smettere di fingere e di atteggiarsi, si può ridere, si può piangere, si può stare in silenzio e si può urlare, ci si può annoiare, si può essere protagonisti, si può vivere la passività, si può rifiutare un contatto, ma si vive in gruppo, ci si sente utili e necessari ad un processo collettivo, ci si confronta dolorosamente con un sé frantumato ma contenuto dall’ambiente, dall’agire, dall’essere….. nonostante tutto.

I nostri strumenti sono tanti e possono essere tutti…un po’ come oggetti transizionali nella nostra stanza “laboratorio”i colori, i fogli, la creta, degli strumenti musicali, pezzi di stoffa, tubetti di colla, matite..sono pronte ad essere toccate, usate, distrutte, conservate, mostrate.

Un giorno fisso a settimana, con la presenza di un esperto esterno al reparto, c’è un laboratorio specifico ma in tutti gli altri lunghi momenti del ricovero siamo noi operatori insieme ai ragazzi a dar vita, a colorare, a riempire questo spazio.

Per qualcuno, è necessario, aver dei limiti per contenere le ansie distruttive che lo invadono, altri devono essere stimolati senza essere invasi, per sentirci come un filtro fra le loro capacità ed i loro desideri, ad altri ancora basta che siamo presenti offrendo quell’io ausiliario, che molti non hanno mai sperimentato…in tutti i casi è uno scambio di creatività, un confronto di fantasie, un gioco accattivante, nella continua ricerca di sé .

Nell’ultimo corso di aggiornamento C. Mustacchi ci ha parlato della necessità di diventare per loro un “io tessitore”, pronto a riprendere tutti i fili arruffati di un enorme tappeto, disponibile a rifare alcuni nodi ed a rivitalizzare i colori, ma anche pronto a farsi condurre dalla creatività e dalla fantasia di chi sta sperimentando se stesso con tutte le proprie capacità ed i propri limiti; questo essere “artigiano” al servizio degli altri produce un profondo e sottile piacere..se siamo capaci di scoprirlo e di sperimentarlo con i ragazzi.

Con l’esperienza abbiamo capito che non potevamo improvvisare, si…dovevamo essere spontanei ma dovevamo anche acquisire strumenti che ci permettessero di venire a contatto con la nostra vita creativa per poterci rivolgere agli altri, non dovevamo lavorare troppo con le interpretazioni, dovevamo convivere con i paradossi, dovevamo essere costanti e capaci di condividere con l’equipe ogni conquista.

Questo percorso deve essere un obiettivo costante per chi lavora in psichiatria e noi ancora lo stiamo percorrendo, confrontandoci con l’insicurezza dei nuovi arrivati e con le stanchezza dei più vecchi; per tutti c’è la consapevolezza che non possiamo credere di “essere arrivati” e di sapere fare tutto perchè dobbiamo essere cangianti e mutevoli nei nostri interessi e nelle nostre acquisizioni. Non possiamo permetterci di non essere curiosi, si rischia la staticità di un ruolo, sia esso buonista od autoritario, che non risponderebbe alle molteplici esigenze dei ragazzi che ci chiedono di coccolarli, di ascoltarli, di nutrirli, di contenerli ma anche di supportarli nella difficile risalita dal loro stato di male e da quel senso di disintegrazione che li paralizza. Se non sappiamo lavorare con la creatività rischiamo di trasformarci in genitori affettuosi ma incapaci di far sviluppare e rafforzare nei propri figli l’autostima e la voglia di autonomia , pronti ad accudire ma non a far spiccare il volo verso le esperienze della vita.

Anche tanti, troppi stimoli non diretti potrebbero trasformarsi in confusione, potrebbero far loro male, il caos non è creativo ed il loro vuoto non va riempito a caso o lasciandoli assenti e passivi.

Tutto va dosato, pensato, liberato, agito con i ragazzi e dopo elaborato e significato fra noi operatori, nell’équipe che lavora su ogni singolo ragazzo e nel gruppo più allargato.

Questa è la nuova professionalità che dobbiamo plasmare, facendo tesoro di tutte le nostre nozioni infermieristiche ma diventando degli “operatori della creatività”, un po’ avventurieri ed un po’ onnipotenti, quel poco che basta per incamminarci con delle certezze e tanta curiosità nelle patologie psichiatriche e nel vissuto del “non essere”.

E’ stato proprio l’ascolto dei bisogni dei ragazzi ci ha aiutato a correggere tante nostre “certezze”ed ultimamente abbiamo deciso di proporre, con delle domande scritte, una sorta di “suggerimenti” alla conclusione di ogni laboratorio o al momento delle dimissioni per gli altri corsi ed attività (vedi cucina, cineforum, ecc.), sia per avere un loro parere portandoli a dare un senso al tempo condiviso, sia per dare una memoria scritta alle nostre esperienze, sia per concretizzare uno strumento di trasformazione che parta dal reale ed ad esso ritorni, sia perché, troppo spesso non siamo riusciti a proporre un metodo che, utilizzando il presente, costruisca un modello futuro.

Principalmente noi operatori dobbiamo essere convinti che il bisogno di autonomia di questi ragazzi può essere raggiunto solo se noi siamo capaci di offrir loro strumenti quotidiani per acquisire fiducia e riconquistare un rapporto con la realtà e le proprie capacità.

Non c’è niente di troppo facile, e proprio quelli che “sanno fare tutto” hanno più difficoltà a farsi aiutare, negando il loro star male a se stessi ed agli altri. Noi insieme a loro, con i nostri semplici strumenti e con quelli che loro stessi ci propongono, dobbiamo essere capaci di aprire le porte che ci separano dal ragazzo che ci parla, che sta di fronte a noi ma che non si è ancora potuto lasciare andare ad un processo costruttivo e positivo per la propria crescita.

Per essere creativi non bisogna fare “un opera d’arte”, ognuno crea mentre agisce, tanto più noi che lavoriamo in psichiatria; avere la pazienza di aspettare che un ragazzo riesca ad allacciarsi le scarpe per uscire con gli altri, superando il suo farsi passivo e dipendente ed intervenendo solo se le difficoltà sono maggiori delle sue possibilità…è un atto creativo; così contenere diventando sempre meno indispensabili; così stimolare senza essere richiedenti; così ascoltare senza essere impiccioni; così fare qualsiasi cosa insieme senza imporci...e via dicendo...se si riesce a rispondere ad un bisogno, senza fare confusione e sovrapposizione fra i propri e quelli degli altri, allora si è creativi.

Ma la creatività non può essere episodica, si deve misurare con il quotidiano, con la vita del reparto che, durante il ricovero, sta “impersonificando” l’altro, l’esterno, il fuori da sé…bisogna saper dar piacere alla ricerca, all’utilizzo di ciò che si è dimenticato o che è sempre stato sconosciuto, bisogna aiutare a ri/conoscersi, riscoprendo il gusto di amarsi e la voglia di giocare.

La nostra scommessa è quella di riuscire a “volare con i piedi per terra” ed a scoprire altri strumenti “creativamente terapeutici” per consolidare quelli già sperimentati e per trasformare quelli non più rispondenti ai bisogni/desideri dei ragazzi.

Allego a questo articolo una serie di frasi sulla creatività che sono riusciti a darmi stimoli e spunti di riflessione o più semplicemente mi hanno ricordato la curiosità e la golosità con la quale scartavo “i baci” e leggevo il contenuto dei messaggi contenuti nel cioccolatino, e mi faccio cullare da una breve e significativa poesia di un nostro diciassettenne psicotico che mi ricorda costantemente tutto il lavoro che dobbiamo fare, ma anche quello che abbiamo già fatto:

“A VOLTE LE MIE IDEE SONO COSI’ INTENSE CHE SI ESPRIMONO IN LINGUE SCONOSCIUTE ED

INDECIFRABILI….Sta a noi adulti raccogliere la sfida…..

Donald W. Winnicott -“La creatività è l’azione che deriva dall’essere, segno che colui che è, è vivo. L’impulso può essere silente, ma quando possiamo parlare di “fare”, allora siamo già in presenza della creatività”.

-“Cercando il termine “creare” in un dizionario, ho trovato questa definizione : portare ad esistere. Una creazione può essere “un prodotto della mente umana”. Non è sicuro che la creatività sia una parola del tutto gradita agli eruditi. Per vita creativa io intendo la possibilità di non essere continuamente uccisi o annientati dalla compiacenza verso o dalla reazione a un mondo che fa violenza all’individuo; si tratta di riuscire a vedere ogni cosa in modo sempre nuovo. Mi riferisco all’appercezione in contrapposto alla percezione”.

-“La creatività appartiene al fatto di essere vivi, cosicché il soggetto, a meno che stia riposando, in qualche modo si espande, tanto che, se vi è un oggetto intorno a lui, è possibile che stabilisca con esso una relazione”.

-“Essere prima di fare: il bambino può così controllare gli impulsi senza perdere il senso del Sé, esso deve crescere in complessità e diventare un essere stabile per poter fare esperienza dell’espandersi e trovare un oggetto come atto creativo”.

-“E’ nel giocare e soltanto mentre gioca che l’individuo, bambino o adulto, è in grado di essere creativo e di far uso dell’intera personalità, ed è solo nell’essere creativo che l’individuo scopre il sé”.

J. Beuys-“Ogni uomo è un artista, è uno scultore sociale che cerca di plasmare e sviluppare la creatività ineliminabile che ogni uomo porta dentro se stesso”.

-“L’arte è la volontà di cambiare lo stato delle cose, un principio mutante che si oppone alla staticità del mondo”.

Resweber -“L’immaginario è il “poter essere” del corpo nel mondo”.

-“L’immaginario, coinvolge l’adulto nella dinamica del desideri, mostra che il bambino è “portatore di un sapere” che l’adulto ha dimenticato, un sapere che minaccia ogni statuto di potere, statuto necessario per realizzare una relazione ineguale quale quella pedagogica”.

S. Abadi -Bisogna permettersi di giocare senza essere troppo integrati per poter essere creativi ed allo stesso tempo rinunciare alla nostra onnipotenza, brillantezza e creatività per lasciare al bambino l’allegria e la sorpresa di incontrare sé stesso, solo, in presenza di un altro.”

C. Mustacchi -“Il bambino non si limita a percepire gli oggetti, ma attraverso la fantasia, la creatività, il gioco, li trasforma e li fa propri: Le rappresentazioni dell’immaginario consentono al bambino di com-prendere il reale cioè -letteralmente- di “prenderlo con sé” di trattenerlo presso di sé e di servirsene”.

-“Non è una modalità imitativa che consente al bambino di acquisire le strutture del reale, ma una spinta creativa che si stacca dal reale e lo trasforma per potervi ritornare: Il bambino costruisce il proprio mondo operando e trasformandolo anche e soprattutto in virtù di una capacità “rappresentativa “ e fantastica”.

-“La pedagogia dell’immaginario è forse una delle visioni educative che più chiama in causa e mette in discussione l’adulto. Nel regno della fantasia l’ignorante è l’adulto, mentre il sapiente è proprio il bambino: il maestro ha da imparare dal bambino, deve recuperare le propria creatività, deve ritrovare e apprendere gli strumenti dell’espressività: il disegno, il teatro, la poesia”.

-“L’arte è una tendenza di tutti gli esseri umani, è una proprietà del pensiero, indipendentemente dal fatto che ci sia un’arte bella o un’arte brutta, esattamente come il fatto che un’emozione, anche se cattiva, resta un’emozione”.

-“L’arte è la volontà di cambiare lo stato delle cose, un principio mutante che si oppone alla staticità del mondo”.

Graziella…. COBAS Policlinico e conduttrice della trasmissione Normale Follia.

Info su: www.azimut-onlus.org

 

Dai un contributo ai progetti internazionali dei Cobas

Associazione Azimut

Codice Fiscale 97342300585