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Il laboratorio autobiografico

IL LABORATORIO AUTOBIOGRAFICO

Il nostro E.C.M. Marzo 2006 si conclude con il laboratorio autobiografico che ha per tema: “Possibilità , energie, ricchezze individuali da condividere con l’équipe nell’ambito del proprio reparto –servizio psichiatrico, individuate attraverso il racconto delle proprie esperienze emotive e professionali nella costruzione/individuazione di un percorso di cura”.

Dopo una breve presentazione sul significato e l’uso di un laboratorio di autobiografia e sull’individuazione delle 4 parole chiavi del laboratorio , ognuno racconta la storia del proprio nome.

Vengono narrate storie comuni per la nostra generazione, come l’uso da parte dei genitori di mettere il nome di un nonno; storie in cui uno dei genitori si è opposto a questa usanza mettendo un altro nome (magari all’insaputa del coniuge!) o in cui è stato usato un secondo nome di ripiego; storie di rime coi nomi di altri fratelli o sorelle; storie in cui è stato messo il nome di personaggi leggendari (il bandito Giuliano ); di personaggi famosi o di Sante/i; storie in cui i genitori o uno di essi ha messo il nome di persone particolarmente amate o significative. Ne emerge una piacevole sensazione nel raccontare e condividere queste storie individuali incominciando a conoscere gli altri e rendendosi disponibili a farsi conoscere.

Iniziamo con un “Brain-Storming” sulla parola “Narrazione” in cui ognuno, senza troppo pensare, deve velocemente dire cosa questa parola gli fa venire in mente: “racconto”, “favola”, “storia”, “episodio”, “vite”, “narrativa a scuola”, “parola”, “ricordare”, “un vissuto”, “comunicare”, “una storia”, “la vita”, “raccontare”, “colore”, “vita”, “comunicare”, “vissuto”, “voce”, “emozione”, “una storia”. Molte resistenze ed una evidente difficoltà nel mettere in gioco la fantasia, liberando la mente da quella dose eccessiva di razionalità che condiziona il nostro esprimerci ed il nostro essere.

Vi proponiamo, allora, un “Brain-Storming” sull’immagine che vi evoca la parola narrazione…ed i vostri pensieri iniziano a prendere le forme più svariate iniziando a giocare: “cascata”, “mare”, “costume”, “fiume”, “gomitolo di lana”, “autunno”, “albero”, “cavallo”, “sentimento”, “libertà”, “tramonto”, “cabina al mare”, “arcobaleno”, “caffettiera”, “sole”, “bosco”, “poesie”, “fiore con tanti petali”, “mela”, “bosco”...

Ora siamo pronti per raccontare e raccontarci come utilizziamo o vorremo utilizzare la resilienza nel nostro lavoro, nel rapporto con il gruppo e nel continuo misurarsi con le patologie psichiatriche dei nostri utenti.

Ci dividiamo in 5 gruppi stimolando il confronto anche con chi non si conosce e che lavora in un altro reparto, servizio, struttura, per confrontare le differenze ed acquisire ricchezze.

Ogni gruppo ha a disposizione un grosso foglio di carta marrone ed al centro della stanza sono stati posizionati svariati materiali (colori, gessetti, matite, stoffe, giornali, fotografie, ecc.).

Ogni gruppo ha circa un’ora per confrontarsi sulle proprie esperienze e cercare, partendo dall’individuale, di arrivare a rappresentare un racconto condiviso, con immagini, disegni e scritte, sulle ricchezze, le difese, gli argini, le difficoltà utilizzate e provate nel nostro quotidiano quando ci troviamo a misurarci con la sofferenza e l’incomprensibilità dei sé frantumati dei nostri utenti.

Il nostro lavoro è accompagnato da alcuni brani musicali dei Beatles e pezzi jazz.

ED ECCO I VOSTRI LAVORI CHE RACCONTATE AGLI ALTRI:

Il primo gruppo rappresenta soprattutto l’acqua come elemento di unione, “l’acqua del nostro lavoro che ci unisce” con i suoi “simboli come la calma, l’umore positivo, l’essere ordinate, la razionalità e la leggerezza”. C’è chi aggiunge sul grande foglio polvere, cipria e immagini per rappresentare la bellezza e l’accettazione di se stessi nel misurarsi con i propri difetti e la propria non perfezione. Chi rappresenta le “situazioni di lotta contro il tempo”, quando ci sentiamo nervosi , uggiosi e pessimisti per proporre uno “Stop al tempo ed una apertura a ciò che è nuovo ed alle sorprese…”. Qualcuno si ritrova nella sua modalità di entrare nello spazio degli altri, ma anche nella sua capacità di prendere coscienza e di lasciarsi aiutare dal gruppo, ed è condiviso“il piacere di ricordare anche come strumento per dimenticare quello che non piace”.

Il secondo gruppo rappresenta “la vita coi suoi momenti drammatici in cui a volte si continua a navigare ed a nuotare, anche senza avere fiducia che poi qualcuno ti aiuta ma con la consapevolezza di essere noi ad aver voglia di aiutare gli altri”. La resilienza viene espressa con “il sorriso” perché è qualcosa che può aiutarci molto come il bisogno di condividere la gioia ed il dolore con gli altri.

Il terzo gruppo inizia a rappresentare le mani come “lavoro e fatica cadute sul foglio”. Sulle mani il colore, la poesia, la positività, il sorriso, la voglia di fuggire e un ombrello per proteggersi e per affrontare le difficoltà…Tanta allegria e condivisione, tanta immediata empatia.

Il quarto gruppo rappresenta: il sole “la nostra energia e voglia di metterci in discussione”; la luna “quando arriviamo stanche”; le rocce “perché tutto rappresenta la vita”; il mare in tempesta “cioè tutte le emozioni che ha chi lavora in un reparto così “; l’aquilone “simbolo di gioia”. Chi si rivolge a noi viene rappresentato “sul filo di un rasoio” e noi come una ragazza che ha bisogno di urlare le proprie emozioni, di combattere, di riprovarci. Lo spirito femminile ha un aspetto curativo e il nostro essere donne è qualcosa che dobbiamo saper potenziare ed utilizzare come ricchezza!

Il quinto gruppo “passa attraverso le proprie esperienze” per poter dire tutto con le parole.

“Da sempre capacità di resistere, l’importanza della condivisione e dell’aiuto, la capacità di riflettere, la capacità di resistere come il cactus che può fare fiori meravigliosi ed è pieno di acqua, il mare come utero, nascita e rinascita quando uno entra negli aspetti nostri e dei nostri ragazzi”. “Colori e immagini per rappresentare lo stare insieme con le rispettive diversità riportando immagini di bambini, anziani, stranieri. Voglia di condividere possibilità di correre e andare da qualche parte facendolo con un pizzico di follia, tanta curiosità, entusiasmo e voglia di superare “la perfezione” per dare spazio ai sentimenti” .

“Tanta condivisione ma anche un immenso bisogno di essere più ascoltata, più guardata e la necessità di libertà ,come per i miei bambini quando entrano nella stanza e corrono liberi…”.

Il foglio diventa lo strumento per raccontare la propria adolescenza, il ricordo di “quel profondo senso di vuoto e di gelo, il non sentirsi accanto delle figure forti che, come un albero, avrebbero dato sicurezza ed ombra”...

Ultimo compito: ognuno scrive su un fiore di carta una sua ricchezza che vuole regalare con una frase o con una parola, e, prima di salutarci, lo mette in un cesto al centro della stanza. Ognuno ne prende uno a caso, lo legge ed aspetta che tutti facciano lo stesso.

Ecco alcuni regali: libertà, sogni, voglia di condividere, allegria, gioia, pazienza, fame insaziabile di capire, fare, conoscere, amare, curiosità, entusiasmo, confronto, energia unificatrice, arcobaleno, essere importante per qualcuno, affidabilità, disponibilità, tranquillità, “l’energia positiva è liberarsi da un peso”, ”l’energia del sorriso e della sincerità che trovo in ogni momento della vita”, “la capacità di ascoltare… il fascino che su di me hanno le parole pensate ed ascoltate…custodire”.

Il laboratorio si conclude così lasciandoci la voglia di continuare a raccontarci per scoprirci, per condividere il nostro metterci in gioco senza aspettative e paraventi, utilizzando ricordi, fantasia e creatività, nel restituire al nostro gruppo di lavoro quella compattezza e coerenza necessaria per accettare la sfida che i nostri utenti rivolgono al mondo, i loro bisogni e necessità, e per volare insieme verso i sogni con i piedi ben aderenti alla realtà.

Info su: www.azimut-onlus.org

 

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